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venerdì, Marzo 28, 2025

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Scienza e Fede per la cura della casa comune

Si sono svolti in questi giorni due giorni di convegni e seminari in Assisi, sotto l’egida dell’Arpa Umbria e quindi con la tutela indiretta della Regione Umbria, con conferenze che avevano come tema centrale dell’intera questione Scienza e Fede per la cura della casa Comune.

Gran cerimoniere è stato il commissario straordinario dell’Arpa stessa avvocato Massimo Perari che ha saputo convogliare in detti consessi le più alte autorità italiane in tema di ambiente dal punto di vista tecnico e poco di politico, con il risultato che sono stati due giorni intensi di studio e di riflessione.

Questo presso la sala Cimabue in Assisi, vicino al Sacro Convento e non erano presenti – ovviamente – gli ambientalisti “politici” che si limitano a raccogliere l’immondizia nei sentieri montani.

Il parametro di riflessione è stato il Cantico delle Creature di San Francesco e amatissimo dalla nostra presidente delle Regione dell’Umbria che è stata anche sindaco di Assisi e parole chiave per vincere contro la Tesei.

Si è’ parlato di ambiente e quindi di acqua e qualità dell’aria, di meteorologia e quanto afferisce l’ambiente stesso.

Dal mio punto di vista però è errato parlare di ambiente perché con tale parola può essere indicata anche una stanza di un immobile a motivo del quale avrei trovato più appropriato il termine natura o – se si fosse seguita l’idea di San Francesco – il Creato.

Centrale la tavola rotonda di sabato dal titolo “la tutela dell’ambiente” con la presenza del procuratore generale presso la Corte di appello di Perugia Sergio Sottani, il presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano, il prefetto Stefano Laporta, l’avvocato Pietro Laffranco che guidava i lavori e da ultimo Giuseppe Severini, presidente di sezione emerito del Consiglio di Stato e su cui tornerò dopo.

Il tema era, appunto, la tutela dell’ambiente e se Cassano è stata tecnicissima perché ha spiegato con vigore quali siano le norme costituzionali di riferimento e che sono l’articolo 9 e 41, dall’altra è emerso che se da una parte l’articolo 9 sancisce la tutela del territorio e delle biodiversità anche in funzione delle generazioni future (cioè e in soldoni la tutela del territorio per lasciarlo migliore ai nostri figli), dall’altra ha evidenziato che l’articolo 41 della “sacra carta” diventa argine stesso di un ambientalismo che io – non lei – definisco scellerato.

Su tutto l’intermezzo dell’articolo 32 della Costituzione stessa che è la tutela della salute.

Il prefetto Laporta ha parlato del ruolo dell’Arpa nel tessuto nazionale e che sta assurgendo a guardiana dell’ambiente stesso.

Il procuratore Sottani si è invece soffermato sui pochi reati ambientali e del sostanziale pericolo che potrebbe derivare dalle ecomafie.

Ma la caratura della giornata e assieme punto di svolta è stato l’intervento di Severini che per i giuristi, come ha detto giustamente Laffranco che è notissimo avvocato, è considerato un faro nella giustizia amministrativa.

E ha ragione perché basta sentire una considerazione di Severini per stracciare la laurea in giurisprudenza al punto che può essere considerato – usando una perifrasi – l’unico stupor legis attuale e denotando altra caratura romantica rispetto agli altri conferenzieri pur essendo un grandioso studioso della giustizia amministrativa che è sostanzialmente ritenuta materia fredda.

Ma se non trattata da Severini.

Questo perché – forte della sua preparazione mostruosa che denota un idealismo magico al limite di un meraviglioso snobismo spirituale – se la questione sottesa all’esame viene affrontata con una contestualizzazione romantica della storia, si capisce bene che il risultato e’ assai positivo e rende estremamente efficace la comunicazione alla platea che è rimasta a bocca aperta.

Partire dal concetto di San Francesco e di città medioevale per arrivare al territorio da salvaguardare anche per onorare la memoria del nostro santo è stato non un esercizio di stile, ma una comunicazione romantica a tutto tondo e che quindi è arrivata al cuore di chi ascoltava.

Parafrasando Massimo D’Azeglio, il romanticismo è l’educazione al bello attraverso l’arte, in questo caso del parlare e il logos eassurge a totem della comunicazione dello stupor legis.

Con il risultato eloquente che il segnale pervenuto è che la famose pale eoliche che dovrebbero andare a deturpare l’appennino sono, agli occhi sì di Severini, ma in minor misura anche degli altri relatori, come uno scempio che si potrà evitare se, come ha affermato Cassano prima e Severini dopo, riuscirà la magistratura giudicante (penale, civile, amministrativa) a essere guardiana neanche silente di un assalto al territorio che ne verrebbe violentato senza possibilità di redenzione.

L’Umbria verde ha come motore trainante – e questo la fa capire al meglio Severini – la bellezza del territorio e quindi del turismo (aggiungo io) a motivo del quale si è tuonato anche contro i vari progetti in essere di 130 pale eoliche alte 200 metri lungo 30 chilometri di dorsale appenninica (qua dietro ha detto il nostro campione) che sarebbero la morte dell’Umbria e facendo sfociare il Cantico del santo in qualcosa di ridicolo.

Questo per far capire che al di là della formidabile petizione del comitato che ha portato a De Luca della Regione Umbria quasi 8.000 firme contro questi progetti, rimane indiscusso che se un personaggio come Severini, che diventa un profeta del dolore altrui, prende posizione a sfavore dell’eolico stesso, significa che allora c’è speranza che questo scempio non venga in essere.

D’altronde le prime avvisaglie di questa contrarietà erano state evidenziate in un meraviglioso articolo giuridico scritto da Severini stesso in tandem con Paolo Carpentieri che può essere considerato il nuovo manifesto dell’ambientalismo secondo la Costituzione e che fa presumere che i nostri ambientalisti prezzolati non abbiano capito nulla di come debba essere affrontata la questione per la tutela del territorio e non di tutela del partito di sinistra di riferimento.

La natura ci sfida ad essere solidali e attenti alla custodia del creato, anche per prevenire, per quanto possibile, le conseguenze più gravi” ha affermato papa Francesco.

Chissà cosa ne pensa la francescana presidente della Regione tenendo a mente che se fa qualcosa non in linea con la legge ci sarà il Consiglio di Stato che – come ha detto Severini – si è già espresso sul punto in maniera esemplare, bocciando i decreti della Toscana in tema di eolico con sentenza 1872 del 5 marzo 2025.

Di auto elettriche, tradimenti e Rocciata

Diciamo che stiamo vivendo un periodo storico un po’ particolare e i più saggi hanno paura delle decisioni dell’Unione Europea a trazione tedesca in merito a cosa fare per l’Ucraina.

Ma non è questo l’argomento in cui la “badogliana” Meloni ha smentito se stessa in ordine alla sovranità dell’Italia appiattendosi alle decisioni dell’Europa e tradendo il suo elettorato di destra che vedeva in lei la nuova Margaret Thatcher, l’ex Primo ministro del Regno Unito e ritrovandosi tra le mani la massaia di Voghera, quanto la questione che sta investendo due umbri per eccellenza che abitano a Foligno e che sono i coniugi Fratoianni-Piccolotti.

Indubbiamente è una bella coppia affiatata anche di bella presenza scenica, soprattutto la dottoressa Piccolotti, che per un verso o per un altro imperversa sui social ora per uscite politiche esilaranti ora – pur minime- per le chiacchiere sui loro stipendi parlamentari stellari a fronte dell’elettorato che dovrebbero rappresentare.

In effetti in due, portare a casa circa 350.000 eurini l’anno, fanno la differenza.

Sono i portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra e quindi, per motivi d’ordine pubblico, sono ovviamente nel giusto e loro pensano di essere infallibili come il Santo Padre.

È emerso che hanno un auto elettrica Tesla di produzione del nazista (a detta loro) Elon Musk a motivo del quale hanno deciso di venderla.

Un comportamento puerile da paura perché se io avessi una Renault non significa che appoggio Macron, ma tant’è.

Ma non è questa la questione quanto le uscite paradossali che i nostri campioni hanno spesso.

La Piccolotti è la tipica concittadina che non riesce a stare zitta e tutti abbiamo in mente quando in Parlamento si lamentò che si doveva alzare presto per andare al Parlamento stesso con il risultato che sui social le battute erano giustamente feroci perché la stessa si lamentava dell’alzarsi presto a fronte di 15.000 euro di appannaggio mensile a fronte del suo potenziale elettore che si alza alle cinque e prende 1.500 euro.

Facendo una figura barbina.

Poi la questione della Tesla.

Ora se Fratoianni, da quel che appare sui social, ha fatto una figuraccia nell’affermare che era della moglie (e non è amore puro!), la stessa ha affermato che detta auto l’aveva pagata poco, cioè ben 47.000.

Ed è su questo che mi concentro.

Al di là che la coppia in questione è stata massacrata da Gramellini sul Corriere della Sera, anche io ho in animo non tanto di accodarmi al massacro, quanto quello di evidenziare la falsità di una certa sinistra che se fosse ancora vivo Berlinguer o addirittura Togliatti, una coppia come quella Fratoianni-Piccolotti sarebbe stata ospite in qualche gulag siberiano.

Nell’immaginario di chi come me cresciuto quando i referenti di ogni colore politico erano Almirante, Berlinguer stesso, Craxi e Andreotti, in cui la sinistra era considerata il partito dei lavoratori per eccellenza con epiche battaglie sindacali per i diritti di chi era sfruttato dai padroni, adesso mi ritrovo queste persone qui che affermano che pagare poco un auto 47.000 euro si sfocia non nel folcloristico, ma direttamente nella vergogna.

Si potrà obiettare che per loro due 47.000 euro sono un mese e mezzo di stipendio parlamentare a motivo del quale – per loro – è costata poco.

Ma come si fa a dirlo se devi a interfacciarti con i tuoi elettori che lo stesso importo lo guadagnano in due anni e mezzo con enormi sacrifici?

È il problema endemico di una certa sinistra che si sdoganò al lusso con Bertinotti che vestiva di cachemire e beveva Sassicaia del 1998 e quindi prendendo in giro i suoi elettori che se ne sono accorti tardi.

Si potrebbe obiettare che non c’è scritto da nessuna parte che per essere di sinistra devi essere per forza non ricco perché ciò che conta è l’ideale seguito, ma se non hai il polso della situazione sulle difficoltà economiche di chi non arriva a fine mese perché non è un tuo problema, i proclami diventano poco credibili e si viene puniti in sede elettorale e augurandomi che scompaiano del tutto per evitare ulteriori danni gestionali.

È fin troppo facile dire che siamo avanti a radical chic quando in realtà si è di fronte a inguaribili snob che le difficoltà di altri le conoscono solo sulla carta stampata e gli africani solo in fotografia perché – alla fine – non sono più ancorati a certi valori della sinistra che è diventata il partito di caghini asseritamente intellettuali perché leggono l’orribile Repubblica, gestita da plutocrati che sfruttano i lavoratori.

Sono gli stessi che cantavano O bella ciao dai balconi di casa felici di essere reclusi in casa per la pandemia e tacciando di fascismo chi invece era sostanzialmente un giusto ribelle alle porcate governative durante quel periodo.

Di contro abbiamo una Meloni che si è rivelata peggio di questa sinistra al caviale che durante la campagna elettorale parlava di sovranità italiana in antitesi all’Europa e poi è andata a votare lo scellerato riarmo dell’Europa stessa e andando ad incarnare lo spirito badogliano che speravamo fosse sepolto.

In realtà la sindrome dell’8 settembre 1943 è nel DNA di tutte le parti politiche in questione se tale data è sinonimo di tradimento, ma non dell’alleato tedesco, ma dei propri elettori.

Al punto che non si può sottacere che – allo stato attuale – destra e sinistra sono identici e fanno arrabbiare le persone che hanno un barlume di intelligenza vivida.

E questo accade perché quello che comanda è il dio denaro e i bassi interessi di bottega al punto che, chi crede ancora in certi ideali politici, ha un conato di vomito quando si avvicinano le elezioni.

Rimane quindi che la coppia in questione, per riaccostarsi al proprio elettore, dovrebbe ricominciare ad assaggiare la rocciata che era il dolce dei poveri che abitavano le zone appenniniche folignate, ma non ne hanno il coraggio perché non sanno nemmeno cosa sia.

Tra teatro e serie tv, l’esorbitante partenza di Giulia Bulletta

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Giulia Bulletta è un’attrice di 36 anni che due anni fa ha deciso d’imboccare la strada della recitazione. Nel 2023 Giulia ha fatto parte del cast della serie tv “Che Dio ci Aiuti 7” e adesso si prepara a salire sui palchi per uno spettacolo basato sull’ opera di Oscar Wilde “L’importanza di chiamarsi Ernest”. L’attrice, nata a Perugia, in due anni è riuscita a ritagliarsi diversi ruoli per varie produzioni tra documentari, serie tv e sketch pubblicitari.

Chi è Giulia Bulletta?

“Eh! Intanto posso dirti quello che non sono…Negli anni ho ammesso in primis a me stessa che sicuramente non sono una persona “semplice”, mi spiego meglio: io ho molti interessi, molti dubbi e tantissime curiosità, faccio un sacco di domande e ho un grandissimo senso di giustizia. Non mi faccio nessun problema a dire NO, anzi credo che la conoscenza di sé parta proprio dalla quantità di NO che si dicono le vita. Inoltre, mi piace vivere pensando di essere dentro un cartone animato, nessun giorno è uguale ma anzi ci sono mille avventure da scoprire. Sono molto attratta dalla natura, dai colori, dalle canzoni, dalle parole e soprattutto dai silenzi. Tutte questa bellezza e il mio carattere di oggi sono anche legati a dei problemi di salute che ho avuto in passato, uno dei quali un tumore che non finirò mai di ringraziare, scusami per parole forti, so che ogni caso è diverso e non voglio mancare di rispetto a nessuno però per me è stato veramente una salvezza. Ero intrappolata in schemi mentali che definisco “da capricorno” che è anche il mio segno zodiacale. Doveva essere tutto preciso, tutto organizzato nel minimo dettaglio, tutto grigio e nero insomma, ripetevo a me stessa che così facendo le cose sarebbero andate bene e sarei stata felice invece, le cose vanno bene se sei felice mentre le fai. Con questo non voglio dire che ho abbandonato del tutto questi schemi ma sicuramente li ho alleggeriti dandogli una sfumatura diversa”.

  • Da quando hai deciso di fare l’attrice?

“Circa 2 anni fa ho deciso di intraprendere seriamente questo percorso perché è una di quelle poche cose che mi fa stare veramente bene e sentire a casa. Se ti stai chiedendo perché non ho iniziato prima ti posso rispondere che il lavoro dell’attore dalle mie parti non è visto come un vero e proprio lavoro, quindi tutta la fantasia o i sogni andavano un po’ a morire lasciando spazio a quella che è la concretezza di un lavoro stabile, di una casa di proprietà etc… A 34 anni mi son detta: “Ma se la vita è veramente una, voglio sprecarla così? No, voglio fare quello che mi piace!”.

  • Che approccio hai con i personaggi che interpreti?

“Il primo impatto è sicuramente la curiosità. Cerco di comprenderli il più possibile e capire il loro punto di vista, soprattutto se ho a che fare con i “cattivi”, nessuno nasce cattivo, a volte lo si diventa per necessità…e io quella necessità voglio conoscerla. Spesso i miei personaggi li incontro per strada…Negli occhi di un commerciante, in una ragazza sognante che aspetta il fidanzato, una mamma che gioca con suo figlio, credo si possa parlare di esperienza sul campo”.

  • Qual è il lavoro che ti ha messo più in difficoltà/quello che ti ha divertita di più?

“Lo studio della commedia attualmente è il lavoro che mi ha richiesto più energie in assoluto, sia fisiche che mentali. Si pensa che la commedia sia semplice da interpretare ma non è affatto così, richiede tanta tecnica e tempi giusti, una volta che entri nel meccanismo allora ti diverti anche e…Parlando di divertimento, io mi diverto tantissimo nelle pubblicità o in ruoli in cui in vado in totale contrasto con gli altri. La sfida per me è il vero divertimento”.

  • Che consigli hai per chi sta cominciando questa professione?

“Dipende dall’età, sicuramente se avessi scelto questo percorso anni fa avrei tentato altre strade come il Centro Sperimentale o altre Accademie. Questa passione si fa sentire fin da piccoli, allora donatevi ad essa, iniziando magari dal teatro per poi fare una scuola di recitazione oppure affidandosi, ad un coach privato serio. Ad esempio, il mio coach è Marta Gervasutti che non finirò mai di ringraziare per tutto quello che m’insegna. Nelle Accademie sei in una classe e vieni visto come una classe, invece con un coach sei seguito personalmente e ogni tuo dubbio viene colmato all’istante. Io ad esempio con lei ho imparato tante cose: dal come posizionare il cavalletto per girare un self-tape (cosa non scontata), come svolgere il lavoro sul personaggio, prepararsi per un casting e tanto altro”.

  • Con quale regista ti piacerebbe lavorare?

“Sarei veramente curiosa di lavorare con Paolo Virzì, Ferzan Özpetek, Gabriele Muccino, Maura del Pero, Claudio Giovannesi perché amo follemente il modo con cui trattano i temi delle relazioni e la psiche umana”.

  • Programmi futuri?

“Attualmente io, la nostra insegnante Arianna Ancarani e altri miei colleghi stiamo preparando uno spettacolo teatrale basato sull’opera di Oscar Wilde “L’importanza di chiamarsi Ernest”, ci stiamo immergendo completamente in questo progetto e sono sicura che ne verrà fuori qualcosa di meraviglioso e molto intimo. Vi terrò aggiornati sulle date della messa in scena”.

Napoli, al Teatro Bolivar va in scena “Homo Civilus – Experience” scritto da Maldestro

Arriva al Teatro Bolivar di Napoli uno spettacolo teatrale che sfida le convenzioni e coinvolge il pubblico in un’esperienza unica e irriverente: “Homo Civilus – Experience“, scritto e diretto da Maldestro, con la partecipazione di Mariano GalloLuigi CredendinoRosaria Vitolo e lo stesso Maldestro.

Homo Civilus Experience” è un viaggio nel cuore del fallimento dell’uomo moderno, tra cinismo, ironia e una disperata ricerca di senso. Attraverso un duello verbale serrato e provocatorio, lo spettacolo esplora le contraddizioni della società contemporanea, mettendo in scena un dialogo tra un Artista, un Uomo Civile, un Autore che orchestra suoni e un drone che osserva dall’alto, simbolo di un mondo sempre più distaccato e tecnologizzato.

Ma Homo Civilus non è un semplice spettacolo: è un’esperienza immersiva che coinvolge il pubblico in modo attivo. Non ci sono spettatori passivi, ma partecipanti che diventano parte integrante del gioco teatrale. La struttura scenica è dinamica e si sviluppa tra palco e platea, tra parola e musica, fino a raggiungere un climax che trasforma il teatro in un vero e proprio rito collettivo.

Luci strobo, sound design dal vivo e un’atmosfera carica di energia rendono Homo Civilus un’esperienza unica, in cui sarà il pubblico a decidere il finale. Uno spettacolo che non si limita a raccontare, ma che fa vivere, emozionare e riflettere. Non è uno spettacolo che lascia indifferenti. È una provocazione, un gioco psicologico, un esperimento sul senso stesso del teatro e dell’identità umana. Mette in discussione le certezze degli spettatori, li scuote e li lascia con domande che continuano a risuonare anche dopo l’uscita dalla sala.  

In un’epoca in cui tutto è consumo rapido, Homo Civilus Experience non è una storia con un inizio e una fine tradizionali, ma di un viaggio che attraversa la coscienza collettiva, lasciando a ciascuno la responsabilità di interpretarlo e viverlo a modo proprio. 
E’ un invito a fermarsi, a guardare, a sentire davvero.

Tre figure dominano la scena: L’Artista, che porta in scena la sua opera con la convinzione di smascherare le ipocrisie dell’uomo moderno. L’Uomo Civile, che tenta di sabotarlo, mettendone in dubbio ogni affermazione con ironia e cinismo. L’Autore, presenza superiore e onnisciente, che controlla tutto dal suo spazio sopraelevato, orchestrando il suono e gli eventi in tempo reale. A questi si aggiunge la Voce, un’entità femminile e neutrale che interviene con dati scientifici e affermazioni distaccate, mentre un drone si alza ogni volta che prende parola, come a sorvegliare il pubblico.  

Il conflitto tra l’Artista e l’Uomo Civile è una battaglia ideologica e filosofica che si sviluppa tra monologhi taglienti, confronti diretti con il pubblico e momenti di caos scenico. Il pubblico viene trascinato dentro questa lotta, a volte costretto a scegliere, altre volte lasciato nell’incertezza.  

Maldestro, autore e regista, conferma la sua capacità di innovare il linguaggio teatrale, mescolando ironia, provocazione e una profonda riflessione sull’uomo e sulla società. Con la collaborazione di un cast d’eccezione lo spettacolo promette di lasciare il segno, portando il pubblico a interrogarsi sul senso della civiltà moderna.

Otto marzo, dalle parole alle azioni

Non è certo molto semplice parlare delle festa dell’8 marzo che è la festa della donna.

Sapete perché? Perché in tanti si sono prodigati a scrivere fiumi di parole per esaltare questa festa sia come memoria storica del perché fu istituita e sia perché diventa sempre una battaglia politica tra chi è politicamente corretto e chi un po’ meno come il sottoscritto.

Per cui diventa una lotta tra opposte tifoserie.

Ora, se da una parte tale festa è attualmente destinata a riproporre vecchi e ancestrali pregiudizi che debbano essere superati in un’ottica di parità evangelica tra i due sessi, mi accorgo che con l’andare del tempo si sta delineando uno sbilanciamento degli interessi a favore della donna che è di facciata.

Senza stare a stare a scomodare sant’Agostino in cui in ogni suo scritto c’è il riferimento alla madre, rimane indubbio che nel terzo millennio la donna è vista come oggetto principale dalle angherie dell’uomo in una generalizzazione mortificante.

Sulla scorta di ciò è stato istituito il Codice Rosso che altro non è che la tutela giudiziaria anche feroce della donna che teme per la sua incolumità.

In pratica come una sorta di prevenzione del femminicidio.

Al di là che il termine femminicidio è di un sessismo spaventoso perché la distinzione fonetica tra maschi e femmine risale all’ultima guerra punica, mi accorgo che un conto è la tutela dei soggetti cosiddetti fragili e un conto è farla diventare predominante con una sorta di sostituzione etnica che svilisce i ruoli sia nella società che nella famiglia.

Con il risultato che adesso si combatte il patriarcato da parte della solita sinistra che non ha altri programmi se non distruggere quel minimo di buon senso che è rimasto per ovviare alla famiglia tradizionale.

Ne consegue che attualmente il “maschio” italico è impaurito dalla reazione della “femmina” durante un approccio con il risultato che se prova a dare un bacio ad una donna che non lo vuole, non riceve un calcio nei testicoli, ma direttamente la visita dei Carabinieri a casa che gli notificano il divieto di avvicinamento e mettendogli il braccialetto elettronico.

Il risultato è la solitudine di molti e le Procure della Repubblica che sono invase e paralizzate da notizie di reato riguardanti tali tipi di approcci.

Fin qui è normale amministrazione che, però, cozza con altri aspetti sociali e che fanno sorgere il legittimo sospetto che tutto si basa su una bugia di fondo.

Questo perché il legislatore si è concentrato solo ed esclusivamente sulla tutela fisica e psichica della donna “castrando “ l’uomo, ma non nei diritti sociali che vengono a mancare in favore della stessa.

Intanto che a parità di mansioni lavorative percepisce uno stipendio più basso dell’uomo senza una ragionevole motivo.

Poi vogliamo parlare se per caso una donna a partita Iva rimane incinta che calvario diventa dal punto di vista lavorativo?

Vogliamo parlare anche della gestione dei bambini se la donna sta al lavoro e deve fare affidamento sui nonni che sono avanti con l’età e pieni di acciacchi?

Ecco, questo è lo schifo che permea il sistema italiano: le tutele di facciata.

Se poi si fa un giro su Tik Tok ci si accorge che il 90% dei reel sono di donne ultrabone che fanno balletti sensuali per la fregola del maschio italiano che idealizza notti di sesso satanico salvo poi dedicarsi all’onanismo perché ha paura di corteggiare, andando sul sicuro amando se stesso.

Meno complicazioni anche giuridiche.

Non parliamo poi delle feste a tema 8 marzo dove sono solo donne, spesso sole/divorziate, che pensano alla trasgressione di uno spogliarello di un uomo piacente e fisicato per poi postare tutto su Facebook e facendo rimanere male i figli che pensano di avere una madre cretina.

Questo perché, inutile negarlo, ciò che colpisce è la discrasia tra il proclamato e il praticato come immagine verso la donna.

In realtà nei paesi mediterranei, quindi altro modo di vivere, la donna non solo è come vorrebbe far credere il legislatore cioè solo brutalizzata, ma anche oggetto di desiderio almeno per me impagabile e per tale motivo oggetto di delicatezza e galanteria, non di sonori schiaffoni.

Per arrivare quindi ad una vera parità, ad eliminare le quote rose obbligatorie (una mostruosità), si deve dare alla donna la possibilità di essere tale senza rinunciare alla sua femminilità scimmiottando l’uomo e non avere avanti a sé sempre l’eterno dilemma – per chi lo desiderasse – se scegliere la carriera o la famiglia.

Perché darle questa possibilità sarebbe un atto di evangelica parità con il risultato che poi la scelta di avere famiglia o figli darebbe corso al libero arbitrio datoci con le Sacre Scritture e non perché non si è tutelate dalla società.

Anche perché, passata la festa, tutto torna come prima.

Con i balletti su Tik Tok.

Le energie di marzo, le previsioni astrologiche di Astrid

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Le energie di marzo 2025 sono illustrate da Astrid e i suoi tarocchi astrologici. Il “Sole” e la “Pelle di asino” sono gli elementi portanti di questo mese.

Arriva “Miss My Dream”, una serata tra sfilate e spettacoli

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Sabato 8 febbraio, in occasione della “Festa della Donna”, a Caserta, presso “Le Magnolie” a Maddaloni si terrà la serata speciale di Miss My Dream di Anna Bernardo. L’evento di moda, musica e spettacolo sarà condotto da Carmen Di Pierno e avrà una formula di 15 euro che comprenderà uno sfizio a scelta, una pizza a scelta, un dolce e la bibita.

Tra le modelle che sfileranno con gli abiti del marchio My Dream ci sarà anche la bellissima Maria Teresa Messina, reduce da diversi concorsi di bellezza. Durante l’evento, inoltre, in occasione della giornata, si parlerà appunto della Donna, ovvero la tematica principale. In questa serata speciale saliranno sulla passerella giovani ragazze e donne adulte.

Tra gli ospiti, infine, ci saranno Ciccio O’ Turco dal programma “Avanti un altro” condotto da Paolo Bonolis su Canale 5 e Irene Calicchio. La serata avrà inizio alle ore 20 e si preannuncia piena di colpi di scena tra abiti e intrattenimento.

Grassi e proteine, i consigli della dottoressa Maria Adele Martini

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La dottoressa Maria Adele Martini affronta gli ultimi due macronutrienti fondamentali per l’alimentazione: le proteine e i grassi. In questo video verrà spiegata la quantità da assumere e gli alimenti in cui questi si trovano.

Ammalarsi nel 2025, riflessioni sulla sanità pubblica

Potete immaginare che avendo quasi 62 anni qualche acciacco di salute può starci anche in considerazione che il mio fisico l’ho sfruttato al meglio abusandone perché, non essendo ipocondriaco, mi sono sempre sentito immortale o Nembo Kid.

Poi, però, con l’età e la presa d’atto che al primo spiffero di vento tiepido ti viene quasi il coccolone, ho pensato che forse uno step clinico fosse necessario.

Roba da controllare venendo da una famiglia di persone con la pressione alle stelle.

E chiaramente quando la salute, per un motivo più o meno valido, comincia a dare un po’ di fastidi se non problemi, si iniziano a cambiare anche i parametri sociali e spirituali per giungere alla conclusione che i nostri contadini affermassero una grande verità: l’importante è la salute.

Su questo, forte del mio senso quasi estetico a credere in Dio pur come le mie ovvie lamentele e riserve, ho sempre pensato quando vedevo o vedo tutt’ora una persona anche sconosciuta sofferente o con grande disabilità per qualche motivo, di ritenermi un privilegiato e al contempo domandarmi come affronta la situazione la persona dolente incontrata e cercando di immedesimarsi nelle difficoltà altrui e uscendone sempre sconfitto, dal momento che nessuno può imitare il dolore degli altri perché la testa e il cuore sono diversi da persona a persona.

Ma l’osservazione di questi malati mi ha fatto sempre sospettare di non affrontare con il dovuto senso di un samurai le difficoltà che incontro nella logistica lavorativa perché ho sempre pensato che i problemi sono ben altri.

Ma, come per tutti, è un punto di equilibrio interiore difficile da mantenere se non altro perché avendo una carattere articolato e fumino mi accorgo che ai miei proclami di perfetta letizia interiori, al primo intoppo bestemmio metaforicamente tutti i santi del calendario di Frate Indovino che fa bella mostra in cucina.

E va a farsi benedire lo spunto di spiritualismo che mi ero programmato sin da piccino, assumendo a totem la frase predicare bene e razzolare male.

Ma d’altronde Prezzolini affermava che la coerenza è la virtù degli imbecilli.

Fatta questa digressione vengo al caso in esame.

Pacifico è che curarsi come dio comanda è la speranza di tutti come è altrettanto vero – nella eterna illusione di salvezza corporale – che tutti noi quando accusiamo qualche problema clinico speriamo che tutto si risolva per il meglio solo perché un medico frettoloso ha fatto una diagnosi sbagliata e facendoci prendere un colpo immotivato il più delle volte.

Ma se la faccenda è un po’ più seria subentra quello che è l’oggetto della presente considerazione e cioè avere le risorse economiche per curarsi.

Ho sempre pensato che uno Stato che possa definirsi efficiente deve far funzionare i tre settori sociali nevralgici che elenco in ordine sparso: giustizia, istruzione e sanità.

E se non funzionano questi tre settori siamo messi male.

Tralasciando i primi due parlo della sanità pubblica che – nonostante il tentativo di distruggerla – sta ancora in piedi anche se malamente al punto che la battaglia sulla stessa in sede di elezioni amministrative regionali ultime, si è rivelata decisiva per far tornare l’Umbria non tanto rossa, ma sostanzialmente catto-comunista.

Questo perché alla salute tutti mirano e tutti hanno paura a motivo del quale è stato un argomento molto sentito.

Ma è innegabile che il problema sono le liste di attesa talmente lunghe che una persona nel frattempo potrebbe anche morire, data la circostanza che molti medici abbandonino la sanità pubblica per quella privata dove percepiscono stipendi degni della loro laurea.

Ne consegue un indiretto aumento delle prestazioni private e fallace snellimento delle liste di attesa pubbliche in considerazione che se una persona sta male veramente va a rotta di collo per curarsi.

E io sono tra questi.

Ma al contrario di tantissimi, ho disponibilità economiche per farlo al punto che posso andare anche dei più grandi luminari italiani che poco mi sposta, ma gli altri?

Le famiglie monoreddito che fine fanno?

Devono operare scelte drastiche tra curarsi a pagamento ma rinunciare ad una lavatrice o a un cambio gomme dell’auto per esempio.

Perché questo è il dramma in questa società plutocratica di origine calvinista dove si ha valore proporzionalmente ai soldi in banca e andando a svilire il valore dell’uomo e della sua interiorità.

Jacques Le Goff, compianto studioso del medioevo, ha sempre sostenuto la dicotomia del tempo dei mercanti e il tempo dei cavalieri quale simbolo di una materialità pregnante in contrapposizione ad una spiritualità oggi repressa da tutti perché si ha fretta.

Fretta di concludere, di guadagnare e di guarire.

Un ansia perenne su cui la sanità privata fa leva per il proprio tornaconto economico e che svilisce in maniera irreversibile il compito che uno Stato degno di questo nome debba avere: proteggere i suoi cittadini dando a tutti la stessa possibilità di cura.

In fine dei conti non si tratta di una teoria marxista quella enunciata, ma di buon senso verso i miei patrioti meno fortunati che invece debbono prendere atto che si è rotto quel contratto sociale tra Stato e cittadino di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778).

Per colpa dell’Europa.

Valentina Bissoli, l’impegno e la determinazione: dalle passerelle alle serie tv

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La veronese Valentina Bissoli è una bellezza fuori dal comune. La fotomodella, di 33 anni, ha calcato tantissime passerelle e su ognuno di queste ha lasciato il pubblico senza fiato. Valentina si appassiona alla moda all’età di 17 anni ed è da quel momento che inizia la sua lunga carriera partecipando ad eventi di un certo spessore e sfilando per importanti brand. Oggi, il suo impegno è rivolto alle serie tv.

Anzitutto come è nato il tuo interesse per la moda?

“Ciao a tutti e grazie per questa intervista! Il mio interesse per la moda è nato all’età di 17 anni dopo diverse mie partecipazioni a concorsi di bellezza. Un po’ per gioco e un po’ per scommessa con me stessa. Dopo una delusione nel mondo della danza è arrivata la mia rivincita”.

Quale è stata ad oggi la collaborazione più importante e significativa?

“Ce ne sono davvero tante. Forse il momento svolta della mia carriera è stata la mia partecipazione come guest star ai Grammy Awards di Los Angeles nel 2019 in rappresentanza della bellezza femminile italiana”.

Che tipo di abito ti piace di più sfilare e perché?

“Gli abiti a sirena. Perché definiscono meglio la mia silhouette”.

Chi è Valentina nella vita di tutti i giorni?

“Una ragazza normalissima come tante altre. Amo prendermi cura della mia estetica dovunque vada. Non sono mai sciatta o fuori posto. Questo è un mio tratto distintivo. Non amo vestirmi in tuta”.

A cosa aspiri e quali sono i tuoi obiettivi?

“Aspirazioni ne ho ancora qualcuna però la maggior parte dei miei obiettivi li ho raggiunti, ultimi dei quali la mia partecipazione ad una serie tv con Fabio Testi ambientata nel 1700 intitolata “I misteri del Bargello”. Nella moda ho davvero lavorato con i brand che sognavo”.

In questo tuo percorso da fotomodella quale è stato il passo più difficile che hai fatto?

“Accettare che c’è sempre il rovescio della medaglia e che non è mai tutto perfetto e bellissimo”.

Infine, che progetti hai in cantiere, cosa bolle in pentola?

“Ho appena finito di girare una serie tv e spero di tornare a recitare magari su altri progetti. Per quanto riguarda il mondo della moda proseguo come sempre e spero di continuare ancora per molto a deliziarvi con altre belle immagini e campagne pubblicitarie”.

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