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Studiare la “mente criminale”, un approccio tra scienza e investigazione

La passione per la cronaca nera e i delitti, la voglia di approfondire, studiare e cercare risposte per penetrare la “mente criminale”. Marta Casà, siciliana trapiantata a Modena per seguire il corso di studi in Scienze Giuridiche, per poi virare su Scienze Investigative presso l’Università di Foggia per approfondire la criminalistica.

Sulle pagine di “Mente Criminale”, il suo spazio online, affronta casi di cronaca nera con il taglio della studiosa.

Che cos’è la criminologia?

“La criminologia è una scienza che studia i comportamenti criminali, cosiddetti devianti, degli autori di reato ma anche i comportamenti delle vittime. Si muove quindi sul versante psico sociale, al contrario la criminalistica invece, cosa ben diversa, fa parte delle cosiddette scienze forensi, discipline che si occupano di applicare la scienza alle leggi penali allo scopo di utilizzare risultati ed elementi scientifici a fini probatori”.

Come si diventa criminologi, quale percorso formativo?

“Ad oggi non esiste in Italia ‘l’università della Criminologia’ in senso stretto, per intenderci, come invece accade in America o in Inghilterra, in Italia per intraprendere questo percorso è necessario prima laurearsi presso corsi di laurea triennali o magistrali (a seconda poi del campo specialistico) come Psicologia, Sociologia, Medicina, Psichiatria, Giurisprudenza e poi in seguito intraprendere un biennio specialistico in ambito criminologico, Torino, Bologna e Milano offrono ottimi corsi di studio magistrale”.

Si tratta di una nuova professione o una competenza suppletiva, cioè completa l’avvocato, il medico, lo psicologo?

“Sì e no. In America ad esempio la professione del criminologo e del criminalista è a sé stante, quindi è una vera e propria figura indipendente. In Italia invece la preparazione del criminologo, è inevitabilmente composta da più discipline, infatti la prima cosa che impari leggendo un manuale di criminologia è che è una scienza multidisciplinare, ovvero funziona solo se il professionista è competente in più ambiti e riesce a connettere il sapere acquisito all’intuito, che ovviamente non si apprende in aula. Può essere una competenza suppletiva se si vuole arricchire la propria professione di base, ad esempio uno psicologo già attivo nel suo campo lavorativo può decidere di specializzarsi in psicologia criminale e quindi trattare casi specifici all’interno di strutture opportune o offrendo la sua consulenza alle indagini”.

Quali sono le attività che svolge un criminologo e chi le commissiona, le procure, i difensori degli indagati?

“Fondamentalmente il lavoro del criminologo è un lavoro da studioso, al contrario del criminalista o chi come me studia investigazione, il vero criminologo, in Italia s’intende, non va sul campo, è una figura ancora secondaria alla prime fasi delle indagini che analizza e studia il comportamento e il modus operandi del reo e la cosiddetta vittimologia. Attraverso le informazioni che possiamo acquisire da una buona perizia, possiamo risalire al tipo di soggetto, alle sue abitudini, al tipo di vittima che preferisce, al modus operandi, al quadro clinico e psicologico del soggetto in questione. Ovviamente è chiaro che il criminologo trova la sua apoteosi professionale nello studio degli assassini seriali. Il criminologo può essere nominato quando è necessaria la perizia, quindi una consulenza specialistica, e può essere nominato sia di parte sia dalla Procura che indaga, ad esempio la parte offesa da un reato può nominare un perito criminologo a sua scelta, così come può fare con altri specialisti”.

Come ci si approccia ad un caso, ad un delitto? Ci sono differenze tra vittime e reo?

“Beh, ogni caso è diverso, per quanto tutti possano sembrare uguali agli occhi di chi non è dell’ambiente. La cosa da tenere presente quando ci si approccia ad un nuovo caso è il porsi delle domande continuamente, una domanda porta ad una risposta ed una risposta ad una nuova domanda, domande fatte ovviamente con intelligenza e dopo aver acquisito tutto il materiale disponibile. La prima domanda che mi pongo sempre è ‘perché?’ La motivazione, ovvero il cosiddetto movente, è il motore di ogni azione criminosa, senza movente non c’è delitto, o almeno nella maggior parte dei casi è così. Da lì si abbozza una ricostruzione della dinamica degli eventi, arrivando all’analisi del modus operandi del reo, ovvero dell’autore del reato, fino a cercare di entrare nella testa del soggetto e poter prevedere anche le sue mosse. Un vero professionista non smette mai di studiare e porsi domande”.

Come è nata questa idea professionale?

“Per caso, detto molto sinceramente. Ho sempre avuto interesse per la psicologia e per la scienza, soprattutto per la ‘pato’ scienza, ma mai avrei pensato di poterci costruire un percorso professionale. Avevo in mente tutt’altro fino a non molti anni fa”.

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