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“Io ho quel che ho donato”, del karma e di odiatori seriali

L’elaborazione del lutto e la “cattiveria” dei social

Selvaggia Lucarelli è una giornalista di bella presenza e dalla lingua tagliente ed è indubbiamente dotata di intelligenza sopraffina.

Imperversa in ogni dove e – in quanto donna e con l’aggravante di essere giornalista – deve avere una opinione su tutto lo scibile umano e, ovviamente, anche l’ultima parola che, nel 99,99%, dei casi è mortificante per l’interlocutore.

Ciò in quanto conosce al meglio le dinamiche televisive e quindi di marketing di sé stessa (e non ne ha bisogno se non altro per l’avvenenza) e sa come usare al meglio gli strumenti di comunicazione.

Ha avuto una sorta di paradigma politico e alla fine è approdata al politicamente corretto che – stranamente – coincide sempre con il Suo pensiero e viceversa.

Una sorta di Massimo Gramellini, ma un po’ più cattiva.

Nel corso del tempo ha avuto modo di censurare con parole malevoli il comportamento di chiunque si interfacciasse con Lei rimanendo basiti e suscitando, in chi assisteva al feroce dibattito, la curiosità se l’interlocutore rimaneva silente perché oggetto di aggressione o perché incantato dalla profonda scollatura che la predetta – giustamente perché se lo può permettere – mostra.

Ma ciò non toglie che la Signora in questione, quando vede in difficoltà una persona, non ci va tanto per il sottile e aumenta il tono di aggressività con toni che fanno audience, ma che lasciano basiti i telespettatori con il risultato che alcune persone la adorano e altri le augurano tutto il male del mondo.

Ma la Lucarelli, da donna reattiva, sa del rischio calcolato e se ne sbatte bellamente.

E fa bene perché comunque è un personaggio che attira e fa parlare di sé.

Ma come si dice qui in Umbria, male non fare paura non avere. Frase che – se unita al karma – può provocare sconquassi e ciò che è compiuto in senso negativo torna indietro con l’aggiunta di interessi.

E questa considerazione spiccia, quasi rurale, ma efficace, diventa la sublimazione della affermazione di D’Annunzio “io ho quel che ho donato”.

Quindi se infondi livore verso tutti può accadere, come accaduto alla nostra giornalista, che l’odio torni indietro.

Nella immediatezza della morte della madre la Lucarelli ha partecipato al programma televisivo “ballando sotto le stelle”, non certo a Quark di Piero Angela, il che la dice lunga, ma tant’è.

A quel punto i leoni da tastiera si sono scatenati in maniera feroce, con insulti particolarmente pesanti se non orribili a cui Lei ha reagito con la consueta scompostezza da animale insuperabile della comunicazione e facendo aumentare- nonostante non ne abbia bisogno – l’interesse intorno a Lei che da pruriginoso è sfociato in intellettivo e emotivo.

Sorge nel lettore l’amletico dubbio se alla stessa sia stato giusto rivolgerle insulti così pesanti e pensando “ben Le sta!!” oppure i cosiddetti lettori abbia varcato il limite di continenza verso una persona.

A me la Lucarelli, proprio per il suo modo di fare, non mi è simpatica, ma paga anche lo scotto che nel sistema sociale italiano è inaccettabile che – nell’ambito della comunicazione – ci sia una donna pensante, ma che abbia la presenza scenica strabordante come Lei e quindi suscitando anche invidia verso l’interlocutore che la insulta.

Ingiustamente tra l’altro e Vi spiego il perché.

Ognuno ha un proprio modo di elaborare i lutti e non si può certamente pretendere che il modo di Tizio sia uguale a quello di Sempronio.

Nella mia vita ho avuto amici che alla morte del padre sono andati in discoteca, ma con la morte nel cuore per esorcizzare – in maniera magari desueta il totem della partenza per altri lidi del parente.

È il punto nevralgico il concetto di morte perché unica cosa certa e ognuno di noi ha una data di scadenza, chi prima chi dopo.

E non essendo certi – evangelicamente – della risurrezione rimane il dubbio se ci possiamo riciclare a meno che si creda in Buddha.

Nessuno di noi ha il diritto di censurare un fatto così intimo, figuriamoci il dovere.

Nulla toglie che – magari – la madre della Lucarelli sia stata contenta della reazione della figlia che ha mostrato una invidiabile solidità (forse di facciata) e confermando nella defunta che la Sua opera educativa ha avuto una qualche valenza.

Ragionamenti che non si possono chiedere ai telespettatori che, invece, osservano le poderose tette.

Dal canto mio spero che essere stata oggetto di insulti sia una conversione sulla via di Damasco della Lucarelli e che cominci ad avere quel percorso di dolcezza per far sì che anche Lei ragioni sulle disavventure degli altri senza massacrare nessuno con un moto di dolcezza e sensibilità che sarebbe un atto rivoluzionario non indifferente.

“Io ho quel che ho donato”.

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