Frase scritta da Chiara Ferragni sullo scialle che ha mostrato a Sanremo, ma non mostrando solo quello, ma ben altro di più piacevole all’occhio concupiscente dell’italiano medio perennemente in fregola.
Della Ferragni si può dire di tutto e il contrario di tutto e io personalmente la ritengo un genio della comunicazione che usa con una intelligenza che va di pari passo con la sua classe infinita.
In questi giorni c’è Sanremo, la liturgia statale di un regime apparentemente libertario e libero in cui sui social è una gara tra chi si vanta di non vederlo e chi esprime i suoi giudizi sui cantanti e sulla kermesse in generale.
Io non lo vedo da anni non per presa di posizione, quanto perché non ho più il cavetto che unisce il decoder alla TV, ma , grazie a Facebook, so anche se Amadeus ha starnutito.
In cuor mio penso che il 90% dei connazionali lo guardi anche di nascosto per non sentirsi omologato agli altri su cui però getta letame.
Sanremo è lo specchio dei tempi e quindi è inutile lamentarci delle performance di chi si esibisce sul palco , esimio costituzionalista Roberto Benigni compreso.
Perché se un tempo c’era Canzonissima con Mina che duettava con Lucio Battisti, adesso si ha la Ferragni e Blanco che semi distrugge il palco.
Ora non sto qui a parlare della kermesse e dei cantanti perché non ne ho le competenze musicali ed essendo prevenuto in maniera devastante in considerazione che sono ancora fermo quasi a Gloria Gaynor e Berry White, ma della frase scritta dalla Ferragni che sta suscitando il classico dibattito tra opposte tifoserie.
E tutti che danno la spiegazione su quanto scritto a motivo del quale trovo profondamente ingiusto che anche io non mi possa accodare alle puttanate che ho letto e sentito.
Chi mi legge e ha pazienza di farlo, sa benissimo che spesso parlo di simboli e di tradizione e, nel caso in esame, ritengo che la Ferragni sia il simbolo per eccellenza della comunicazione che tanto le sta lucrando approfittando sulla cronica deficienza degli italiani che cercano malamente di imitarla, non avendone l’intelligenza e la lungimiranza.
E tutti si convertono ad essere influencer perché in qualche maniera il modello lavorativo è la Ferragni e se non si ha grande voglia di lavorare si spera che con due frasi dette bene si aprano le porte dell’Olimpo alla tik toker di turno.
Un po’ come la ricchissima e agiatissima Elly Schlein – sconosciuta – che con due frasi ad effetto sui social adesso pretenderebbe di governare il Pd, cosa che farebbe rabbrividire Berlinguer e Luciano Lama e la scuola di Botteghe Oscure.
Ma tant’è ed è lo specchio dei tempi (morti).
Intanto si deve vedere chi è che ha mostrato la scritta: la Ferragni che discetta e “influenza”, insieme al marito paraculo Fedez, il modo di pensare del popolo bue.
Nella storia c’è sempre chi ha indicato la via maestra alle masse, non necessariamente dal punto di vista politico, ma anche artistico e veniva chiamata avanguardia.
Un esempio: i primi futuristi erano l’avanguardia di un modo di dipingere il dinamismo e la velocità e tutti gli altri si sono accodati per imitazione.
La Ferragni quindi è una avanguardista nel senso etimologico – non politico – del termine che nasce (fonte il De bello gallico di Giulio Cesare) quando il prode condottiero alla conquista della Gallia mandava alla avanscoperta un manipolo di soldati per capire la situazione del nemico e riferire alle legioni.
Pensati libera quando la frase, da chi detta, risulta esilarante dal momento che la Ferragni è ben conscia che le sue seguaci sono manipolate dalla stessa, con tanti saluti alla idea di libertà che le donne dovrebbero avere, ma che accantonano per imitazione risultando soggiogate al pensiero sì dell’uomo, ma anche della Ferragni.
Perché anche la provocazione del nude look per attirare l’attenzione – anche sulle scarse tette – non è libertà di mostrare il proprio corpo, ma omologazione al punto che sarebbe stato divertente per la par condicio tanto declamata e auspicata, l’invito a Rocco Siffredi per parlare del ruolo dell’uomo italico nella società.
Ma con altre misure anatomiche e facendo cadere in depressione il maschio italico quando si osserva nudo.
La donna non deve pensarsi libera di mostrare o non mostrare il corpo come il messaggio sottace, ma esserlo nei modi di pensare in considerazione che non c’è peggior prigione del proprio pensiero che invece si omologa agli stereotipi.
Ma è una libertà di facciata perché la società Italiana è figlia di una concezione cattolica che aveva in san Paolo il massimo esponente della misoginia con le Lettere ai Corinti a cui fa da contraltare uno Stato che non tutela in nessun campo la donna se non con un inutile “codice rosso” e basta e a motivo del quale non può avere neanche la libertà di decidere se avere figli o meno perché perderebbe il lavoro.
Forte della sua influenza avrei scritto pari dignità perché questo è il problema di fondo di cui molte donne, le meno scolarizzate e avvedute, non si accorgono quando prendono cazziatoni dai mariti se la cena non è pronta all’orario stabilito da lui.
Una libertà privata anche dalla Ferragni perché condottiera delle masse verso la schiavitù del pensiero omologato e che fanno la fila dalla notte per comprare un’acqua con il Suo pestifero marchio.
Non è libertà , ma somaraggine.
“Per molti, libertà è la facoltà di scegliere le proprie schiavitù” affermava Gustave Le Bon (1841-1931).
Aveva capito tutto.