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Il cinema simbolico/visivo di Louis Nero tra avanguardia e tradizione

“Sono innamorato dei pensatori ermetisti del passato, di Guenon e sono molto legato alla tradizione indù, in quanto c’è in essa una volontà di approfondimento del simbolo che non è rinvenibile altrove”

Louis Nero (nome d’arte di Luigi Bianconi) è uno dei registi italiani di spicco dell’ultima generazione. Grande studioso di simbolismo, riesce grazie alle sue pellicole d’autore, a far immergere lo spettatore in un’esperienza che definirei iniziatica. Lungi da trattare temi scontati, Louis Nero rappresenta un cinema che fa sua la sintesi tra tradizione e avanguardia.

Quando nasce la sua passione per la cinematografia ? Quali sono i suoi registi di riferimento?

“In realtà il cinema mi è sempre piacuto fin da bambino. Ho fatto un percorso abbastanza normale. A 17 anni ho girato il primo film, che poi ho deciso di scartare. Il mio vero e proprio debutto è stato nel 2000, con il film basato sul romanzo di Gustav Meyrink il ‘Golem’ che fu acquistato da Medusa film. I miei registi di riferimento sono tantissimi da Kubrick a Fellini fino a Christopher Nolan che reputo il regista più interessante della sua generazione”.

Nei suoi film sono stati presenti attori di primissimo rilievo come Franco Nero, Faye Dunaway, Kevin Spacey . Che differenza ha trovato nel dirigere attori affermati rispetto a quelli emergenti?

“Ho lavorato con attori internazionali, più l’attore è bravo più è umile. Un esempio tra tutti è stato il mito cinematografico di quando ero ragazzo, ovvero Cristopher Lambert, che sul set cinematografico si è comportato in maniera impeccabile ed altamente professionale”.

Nei suoi film c’è un filo d’oro che li lega: l’amore verso il mondo simbolico. Immagino che lei abbia dei punti di riferimento dottrinali. Quali sono?

“Per me il cinema inteso come arte è una via iniziatica. Il confronto con gli altri artisti, la ricerca del materiale intorno al progetto, il lavoro per realizzare le mie intuizioni, tutto ciò rappresenta una via. La scuola a cui faccio riferimento è quella del simbolico /visivo, difatti sono innamorato dei pensatori ermetisti del passato ed anche del Guenon, noto studioso francese del secolo XX. Inoltre sono molto legato alla tradizione indù, in quanto c’è in essa una volontà di approfondimento del simbolo che non è rinvenibile altrove. Nelle mie opere difatti non si troverà mai un oggetto senza significato apparente o nascosto, è tutto studiato nei minimi dettagli”.

Da cosa deriva la sua passione per l’antico Egitto? Ha qualche connessione con la città di Torino di cui lei è originario?

“Sicuramente il mondo egizio è molto affascinante perché possiamo ancora esplorarlo ed è un serbatoio ancora ricco di intuizioni. Nel loro modello di scrittura, stiamo parlando di una civiltà simbolica, si ritrova un mondo altamente profondo e sapienziale. Facendo un paragone con Il cinema, il cinema di per sé è simbolo. Tanti film visti in maniera letterale sembrano semplici, se invece cambiamo prospettiva e li leggiamo simbolicamente assumono magicamente un significato più profondo”.

Se uno spettatore che non ha mai visto un suo film vorrebbe iniziare a farlo, che film consiglierebbe per primo, e perché?

“Ognuno dei miei film, avendo un contenuto di ricerca che li lega tutti quanti, andrebbe visto. Rispondendo direttamente alla sua domanda posso dire che tutto dipende dalle argomentazioni che il singolo fruitore predilige. Fatto sta che essi necessitano di una visione attenta, direi anche una plurivisione. Sono opere fatte a strati, come un quadro, e spesso apprezzabili non immediatamente ma nel medio e nel lungo periodo. Provare per credere!”.

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