Grande risalto sui quotidiani sulla circostanza che un bar ha fatto pagare due euro la divisione di un tramezzino e il web si è scatenato, provocando un moto di indignazione spaventosa, con insulti a destra e a manca, verso il mondo della ristorazione.
E questo grazie anche alle grandi testate giornalistiche che stanno assumendo più i caratteri propri di riviste patinate e pruriginose, alimentando un odio che altrimenti non ci sarebbe e convogliando le forze negative verso la concretezza del male e il gossip che – indiscutibilmente – fanno più notizia del bene.
A parte il fatto che sappiamo tutti al meglio che i giornalisti della carta stampata prima e del web poi non possono definirsi tali per come affrontano le questioni dal momento che stanno assumendo più le caratteristiche di influencer in cui la notizia-stronzata è sempre dietro l’angolo.
È la eterna capacità di distogliere l’attenzione da problemi ben più gravi che attanagliano la società italiana e che non rammento altrimenti non si finisce più.
A me tale notizia provoca un senso di ribellione al contrario e spiego il perché.
A parte la circostanza che si è nel libero mercato e nell’imprenditorialità a motivo del quale se uno decide di farti pagare la divisione di un tramezzino è suo diritto e non per nulla accade spesso di leggere notizie che suscitano livore che a Venezia o Capri (per fare un esempio) per un caffè e cornetto seduto al tavolo si arrivi a pagare anche 20 euro se non 25.
Non si paga, infatti, cosa prendi per colazione, ma dove e con quale visuale.
Ed è un motivo valido in più perché l’affitto di un locale commerciale in tali luoghi non costa quanto a Colfiorito e quindi si deve rientrare nelle spese.
E un utente che si mette a sedere in quei posti per la colazione sa dei rischi economici che corre e se non lo sa significa che non è mai uscito di casa preferendo, le rare volte che lo fa, di avere – anche nei viaggi all’estero – il pacchetto delle solite mete gettonate che costano un rene.
Un esempio? Persone che dicono di amare le Cicladi, le isole greche dell’Egeo e vanno o a Santorini o Mykonos senza pensare assolutamente che esistono altre isole altrettanto belle, ma che costano la metà.
E probabilmente giocano anche a padel.
La questione è interessante e va di pari passo che il diritto stolto degli utenti di pubblicare anche recensioni su Tripadvisor come se fossero esperti gastronomi se si tratta di ristoranti o albergatori navigati di hotel, laddove c’è l’intimo piacere di spalare letame sul lavoro altrui solo perché magari si è messo troppo sale sull’insalata e vanificando e mortificando il lavoro di chi ha investito la propria esistenza nella ristorazione non avendo orari.
Persone che si permettono di giudicare la cucina di altri quando a casa mangiano carne Simmenthal o insalata con rucola e Philadelphia facendo denotare che non sono irrispettosi, ma burini arricchiti nello spazio temporale di una vacanza o di un pasto in un delirio di onnipotenza culinario che non ha basi tecniche.
E si atteggiano a gourmet del nulla, non sapendo riconoscere la differenza tra un salame lardellato e uno macinato o tra la maggiorana e il timo.
In realtà l’ambiente della ospitalità nella ristorazione è una giungla per sopravvivere ai costi eccessivi dei prodotti e dei locali affittati con relative utenze e chi si avventura in tale campo sostanzialmente diventa un kamikaze delle partite Iva.
Dietro il bancone o in cucina, vedete voi, ci sono lavoratori che spesso cercano di accontentare il cliente al meglio cercando di fargli spendere poco o almeno in proporzione al piatto servito.
Per meglio dire: se un filetto di manzo diventa gomma sia per l’errata cottura che per la qualità da supermercato sui generis e viene pagato 9 euro anzichè 18, non ci si deve lamentare e sputtanare il ristoratore su Tripadvisor, ma rimanere silenti a prescindere in considerazione che a molti manca la valutazione del rapporto qualità prezzo.
Il segreto della ristorazione sta tutta lì, vino della casa compreso, perché se lo paghi scaraffato 5 euro mezzo litro, non hai il diritto di lamentarti o mettere post al vetriolo su Facebook.
C’è, infine, un grande equivoco.
Si afferma che attualmente l’Italia abbia il PIL (prodotto interno lordo= capacità di far girare l’economia) migliore d’Europa quando in realtà tutto è aumentato a dismisura rimanendo fermi però i salari, con il risultato deprimente che in tanti fanno rinunce.
Ne consegue che ci sono persone che continuano a fare sacrifici e che hanno l’ansia di prestazione non di carattere sessuale, ma di arrivare a fine mese e sentendosi eroi quando riescono a pagare i fornitori che a loro volta arrivano a malapena a fine mese con una filiera verso il nulla che crea preoccupazione, ma di cui gli utenti in primis e i giornalisti in secundis non ne tengono conto, sputtanando chi lavora e crocefiggendo chi non mette il sale sull’insalata o chi divide in due un tramezzino facendoselo pagare, dimenticando invece la stragrande maggioranza degli addetti a settore che vivono e lavorano rettamente.
Un po’ come per gli avvocati: ne basta uno che è considerato un bandito e viene squalificata tutta la categoria.
Ma non si può dire fare di tutta l’erba un fascio perché altrimenti mi prendono per filogovernativo che non sono.
Ma si è unti da questo sentimento tipicamente italico del rancore che diventa protagonista neanche silente della nostra esistenza dimenticando che – a volte – chi è stato mortificato per un nonnulla fa emergere in capo a quest’ultimo un sentimento che in pochi hanno: il pudore e la vergogna perché le recensioni (tutte negative altrimenti si sta zitti) decretano la morte di una attività lavorativa.
E il lavoro va a farsi benedire.
“Lavorare bene significa vivere bene” affermava san Tommaso, anche se si dimentica il sale sull’insalata.