Maria Teresa dell’Unto, cinquantottenne, infermiera presso il Policlinico Gemelli, alle nove mattina, come tutti i giorni, esce di casa per andare in ospedale al lavoro. Sembra un giorno come tanti altri, ma quel 29 marzo del 2001 la donna non rientra a casa alla fine del turno. Subito i familiari si preoccupano, iniziano a cercarla per Roma, senza, però, ottenere risultati. Solamente il giorno successivo la sua macchina viene trovata parcheggiata nei pressi della stazione di Anguillara Sabazia.
A questo punto iniziano le indagini. Si cerca nei tabulati, da questi emergono solo due telefonate, una alle sette e un quarto di mattina e la seconda alle dieci e quattro. Sono entrambe dirette a un’unica persona: Angelo Stazzi. Con quest’uomo la donna aveva stretto una relazione, che è molto particolare. I due si conoscono nel 1993, da subito la personalità di Stazzi inizia a prendere il sopravvento su quella della donna. Questa, infatti, è costretta dall’uomo a darle dei soldi, in alcuni casi arriva addirittura a sequestrarle lo stipendio, oppure, come accade nel 2000, a fare da garante per un prestito da 14 milioni di lire. A questo prestito, inoltre, la donna doveva collaborare con le rate, con la speranza di vedersi dare la metà della somma, circa 9 milioni. Dei soldi, però, non vide mai nulla. In virtù di questo rapporto morboso, l’uomo viene subito interrogato, ma Stazzi afferma di non vedere Maria Teresa dal 26 marzo. Le cellule telefoniche, però, sostengono il contrario, infatti il telefono dell’uomo è agganciato più volte lungo il percorso che dalla sua abitazione a Montelibretti lo porta proprio ad Anguillara Sabazia, dove viene ritrovata l’auto della donna. Tra il 2 e il 5 aprile, arrivano a Roma da Torino, due telegrammi recanti la firma di Maria Teresa nei quali sostiene di stare bene e che non è necessario cercarla. Si inizia a fare avanti l’ipotesi dell’allontanamento volontario. Qualche mese dopo, il 4 giugno, arriva un nuovo telegramma contenente la fede nuziale della donna accompagnate da queste parole “Teresa sta bene vi fa sapere che verrà quando le figlie avranno cambiato carattere vi manda questo presente per farvi capire che sta bene”. Il caso sembra arrivato a un punto morto, tant’è che rimane insoluto e viene archiviato.
Nel 2008, però, l’Unità delitti insoluti della Squadra mobile, indagando su delle morti sospette di anziani in una casa di riposo di Tivoli, tramite delle intercettazioni ambientali decide di riaprire il caso e di indagare su Stazzi, che era anch’esso infermiere e lavorava presso quella casa di riposo. Dalle indagini emerge come Stazzi, nel periodo della scomparsa della donna, avesse utilizzato il suo bancomat e il suo cellulare, mentre aveva regalato a una donna l’orologio di Maria Teresa. A questo punto il sospettato viene arrestato e confessa anche di aver fatto scrivere i telegrammi da una sua amica di Torino per depistare le indagini. Inoltre confessa anche gli omicidi degli anziani, compiuti iniettando loro dosi di insulina. Mancano, però, ancora il movente e il corpo. Interrogato nuovamente Stazzi confessa di aver ucciso la donna in quanto si era rifiutata di continuare a pagare le rate del prestito e che il corpo si trovava sepolto nel giardino di casa sua a Montelibretti. Il ritrovamento del cadavere pone fine a una storia di sparizione che, in realtà non era altro che un omicidio.
L’uomo è condannato a ventiquattro anni per la morte di Maria Teresa e all’ergastolo per la morte di sette anziani, tra il 2008 e il 2009 in una casa di riposo a Tivoli.