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domenica, Gennaio 19, 2025

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I Sepolcri, vera e unica parificazione dell’essere umano

No, non parlerò dell’opera di Ugo Foscolo perché non ho raggiunto la maturità di una piena depressione consapevole, ma di un argomento strettamente collegato.

Prima è necessario fare una premessa.

Lo spunto delle presente riflessione sta nella circostanza che sono stato ad un funerale di una persona a me cara, morta relativamente giovane (65 anni) dopo 5 anni di calvario derivante da un male incurabile.

Una persona per bene al punto che alla funzione c’erano tantissime persone nonostante il freddo pungente e il cielo plumbeo quasi ad accompagnare la mestizia della funzione dolorosa con un Dio partecipativo.

Un uomo di origini albanesi e naturalizzato italiano.

E ovviamente una funzione laica al cimitero perché di religione islamica.

Ma sepolto sempre in una terra consacrata a Dio, uno a scelta del fedele.

Ho osservato il meraviglioso contegno di questo fiero popolo albanese che ha forte il senso di appartenenza sia alla loro terra di origine sia al concetto di famiglia con una dignità e aplomb signorili.

Ma mentre osservavo l’escavatore che gettava la terra sulla bara tra lacrime trattenute malamente di tanti e sospiri di tutti, mi è venuto in mente da un lato il concetto di morte a cui tutti sommessamente pensano con l’avanzare dell’età alla data di scadenza terrena e dell’altra cosa significasse non essere sepolto nella terra natìa.

E mi sono sentito angosciato , ma per lui, sbagliando.

Si fa presto a dire “immigrazione sì, immigrazione no” con prese di posizione di entrambi gli schieramenti che lucrano elettoralmente sulla pelle di chi recide il cordone ombelicale con la loro Patria che è anche madre e padre allo stesso tempo, ma in pochi rammentano ciò che affermò il mio amatissimo Papa Ratzinger sul diritto di non emigrare e quindi tacciato di nazismo come il fratello da parte dei soliti noti che la buttano solo in politica.

In realtà ho ragionato sulla terribile presa di coscienza del defunto e di tutta la famiglia di aver sostituito il concetto di Patria e andando a farsi seppellire sul nuovo suolo che spesso li addita come delinquenti seriali (rari) o animali da lavoro (quasi tutti).

La perdita identitaria di un immigrato è sintetizzata dalla sepoltura nel nuovo Stato che lo ha adottato, ma non la vedo come una cosa biasimevole, bensì come elemento di una apertura mentale che noi italiani ce la sogniamo, tanto che veniamo seppelliti sempre al paesello di origine, sancendo non tanto un rigurgito di malinconia, quanto il rispetto di una nostra tradizione sepolcrale fatta di totem senza anima.

Questo perché non conta dove si è sepolti ,ma come si è vissuti.

Ma rimane la spiacevole forse errata mia sensazione di essere seppellito in terra straniera quando in realtà, osservando le lapidi, c’è un hellzapopping di nomi stranieri impronunciabili ai più alternati da cognomi de noantri.

Il concetto quindi che si è cittadini del mondo lo si trova amaramente nei cimiteri laddove le lapidi sono tutte uguali in una sorta di marxismo attuato nel dolore, cioè tutti uguali avanti alla morte e nella morte.

E non ci sono più immigrati, ma persone.

L’integrazione, quindi, passa attraverso eventi terribili come la partecipazione di tanti al dolore di altri, dimenticando razza, sesso e religione in una visione d’insieme che ha nelle lacrime delle nuvole il punto nodale della vicenda umana.

Il seppellimento di un corpo, con tutta quella terra sopra, diventa un atto scaramantico con la speranza per tutti che ci sia un Dio, uno qualsiasi , che ci accolga senza farci tante domande o chiedere giustificazioni dal momento che tutti abbiamo paura che non ci sia di là l’Eden promesso, ma solo le stelle.

Ne consegue che non si hanno più patrie, non più tradizioni da rispettare, parole non dette o dette male, ma solo la certezza, come nel caso del funerale a cui ho assistito, che la Patria non è fatta di confini e di popoli, ma di ciò che emana come madre amorevole e accogliente.

In pratica dove ci si sente a casa e non ospiti.

Ma in eterno.

E, quindi, non ci sono più immigrati, non più permessi di soggiorno, non richiesta di cittadinanza, ma persone che hanno trovato una nuova madre che custodirà il segreto di una resurrezione del corpo perché l’anima del defunto albergherà nel ricordo di chi rimane.

Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono dovunque noi siamo” scrive Sant’Agostino.

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