“Per ridestare l’inconscio collettivo delle genti del sud Italia è sufficiente l’ascolto comparato dei due inni. L’inno di Mameli non regge il confronto con l’inno del Regno delle due Sicilie di Paisiello”
Pietrangelo Buttafuoco saggista, giornalista e scrittore non ha bisogno di alcuna presentazione. Ha voluto rilasciarci una breve intervista sulla questione meridionale che ancora persiste oggigiorno. Una questione che a lui, siciliano “doc”, sta molto a cuore.
La ”questione meridionale” ha radici antiche. Alcuni pensano che nacque già con la discesa di Annibale nel meridione, dove il cartaginese cercò di rompere la lega delle città del sud con Roma. Lei cosa ne pensa al riguardo?
“Penso che la ‘questione meridionale’ in realtà non ha radici antiche bensì moderne. Anzi essa è una questione legata alla percezione che la modernità ha di ciò che fu il Regno del Sud, gravandola di pregiudizi i cui strascichi ancora oggi persistono. Il racconto di ciò che fu, per come la storiografia possa edulcorarne i fatti, coincide con le dinamiche proprie dei tanti tasselli che oggi accompagnano l’assetto geopolitico mondiale”.
Per lei esiste ancora la ”questione meridionale”?
“Personalmente faccio mio il motteggio di Leo Longanesi. Per quel che mi riguarda la questione del Mezzogiorno è risolta: mangio quotidianamente all’una (sic!)”.
La nostalgia di alcuni gruppi che si definiscono neo-borbonici le sembra anacronistica oppure è un sentimento che funge, citando Jung, da molla per ridestare un inconscio collettivo sommerso?
“Io non definirei tale sentimento anacronistico piuttosto impolitico. Mi consenta un capovolgimento laterale. Per ridestare l’inconscio collettivo delle genti del sud Italia è sufficiente l’ascolto comparato dei due inni. L’inno di Mameli non regge il confronto con l’inno del Regno delle due Sicilie di Paisiello”.
Nel 2023, secondo lei, quali sono le problematiche che frenano il meridione d’Italia e quali potrebbero essere le eventuali soluzioni?
“La soluzione è una sola. L’Europa deve aver consapevolezza del Mediterraneo. Il luogo di transito del futuro è senza dubbio il Mare Nostrum. Purtroppo i politici dell’Unione Europea sembrano miopi a tal proposito non tenendo assolutamente conto dell’importanza non solo geopolitica, ma geoeconomica e geostrategica del Mediterraneo. Stati di sensibilità imperiale quali sono la Turchia e la Russia lo hanno compreso da tempo: la loro presenza massiccia in Libia, a pochi km dalle nostre coste, lo testimonia”.