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Tamaro e tamarri

Susanna Tamaro nei giorni scorsi ha sancito che è vergognoso l’insegnamento della letteratura italiana nelle scuole e si dovrebbe smettere di leggere Verga.

Niente, fa già ridere così e potrei chiudere l’articolo. Ma siccome sono una rottura di palle e mi diverto un mondo, sento l’esigenza di fare il punto della situazione e uscendo fuori dal coro, che è un po’ la linea innovativa di questo magazine.

La nostra Tamaro fu un caso letterario eclatante con il suo “Va’ dove Ti porta il cuore” e assurgendo all’Olimpo dei grandi scrittori se non altro perché ha venduto nel mondo 15 milioni di copie, mica pizza e fichi.

Quindi a ben vedere, non si sta parlando di una qualunque, ma di una scrittrice che ha saputo cogliere l’essenza di una editorialità che io me la sogno e diventando inizialmente un guru della sinistra e per questo osannata, poi con il successo, assumere posizioni spostandosi a destra.

L’incarnazione di cuore a sinistra e portafogli a destra.

Ma è entrata nel dimenticatoio letterario quasi fosse una meteora che dovrebbe campare di rendita, ma non ci riesce, al punto che ha dovuto fare questa esternazione paradossale per avere nuovamente visibilità e supplire alla ipotetica aridità di ispirazione per scrivere qualcosa che ricalchi il successo.

Ora, la visibilità e il successo in qualsiasi campo può comportare, in persone che hanno una vena di piccolissima follia che denota la carenza di equilibrio, alla perdita di parametri per riaffermare in maniera subdola e quasi esilarante un concetto di presenza che può sfociare nell’osceno del parlato come nel caso in esame.

Oppure, quando la stessa afferma che i ragazzi leggono i suoi libri piuttosto che Verga, scivola nell’ego riferito.

In vita mia ho letto tantissimo e leggo tantissimo e ogni volta che leggo un autore mi innamoro dello stesso simulando le pulsioni che ha avuto a scrivere un determinato romanzo o scrivere determinate frasi ed evocando in me una invidia benigna verso chi ammanta tutto di poesia.

Perché scrivere è arte sopraffina che si va a sovrapporre con una sensibilità pazzesca che si esplica nel riuscire a mettere per iscritto sentimenti a volte recalcitranti e evocando a volte fantasmi e a volte fate a seconda del proprio umore.

E qui non snocciolo i vari autori che mi hanno emozionato all’infinito perché sarebbe soggettivo e senza senso ma certo è che i grandi classici sono definiti così perché pietre miliari delle letteratura Italiana su cui anche la Tamaro si è probabilmente formata.

Forse il messaggio della Tamaro è che si dovrebbero attualizzare le materie di insegnamento nella scuola partendo proprio da lei in un miraggio di Nobel della Letteratura che risulta vacuo e insignificante.

Ma è invece un sistema scolastico, quello delle materie letterarie che si insegnano o degli autori, che ha una sua valenza non tanto perché i grandi autori sono intramontabili e humus vero e sincero degli scrittorelli di oggi, quanto perché il bagaglio culturale che ne deriva alla lettura degli stessi è una visione di insieme che ci rende solidi nel sapere.

Ma è una battaglia persa.

L’ex fornaio e DJ Fabio Volo quando pubblica qualcosa rimane in testa alle classifiche per settimane, ma non trasmette nulla se non qualche frase ad effetto che poi viene usata come se si fosse avanti ad un novello Tiziano Terzani pur essendo ad una distanza siderale da lui.

Ne consegue che i grandi autori classici sono l’ossatura di un corpo che poi sta a noi modellare con i muscoli a seconda sia delle esigenze che della sensibilità più volte richiamata.

Non oso pensare cosa possa pensare una Tamaro nel sapere che mi diletto ancora a leggere i componimenti bucolici di Teocrito (IV secolo avanti Cristo, greco) o che ho letto tardivamente tutto D’Annunzio che a scuola non ci hanno fatto studiare perché considerato fascista ed errando in maniera clamorosa.

Infatti Il Piacere o Notturno sono capolavori di una attualità imbarazzante come lo stesso Verga o Pirandello.

È una questione di memoria storica che la triestina Tamaro non ha o rinnega dimenticando che in essa affondano le radici del nostro sapere e di identità nazionale che ha mille sfaccettature e mille risorse, spesso contraddittorie e per questo meravigliose.

Ma è inaccettabile che si voglia svilire la grande letteratura italiana in funzione di un Dio moderno ed attuale che segue solo logiche di mercato (il proprio) e non della conoscenza.

Pier Paolo Pasolini era contro questa deriva che sviliva la tradizione imputandola alla borghesia e tuonando in Scritti Corsari contro il consumismo che rendeva la società un unicum globale di imbecillità perché riteneva che il motore del capitalismo non era il desiderio ma la scontentezza di non avere di più.

Quindi seguendo questa logica della Tamaro si va verso questo abisso che suona come esasperazione di un neo liberismo che nuoce gravemente alla salute e svilisce la tradizione letteraria italiana con il risultato che da Tamaro si diventa tamarri elargendo il Nobel a Dario Fo.

La anestetizzazione emotiva di una cultura che si rifà ai grandi classici comporta inevitabilmente che si perda cognizione del futuro se non si guardi al passato perché il presente è sempre effimero ed includente.

Come la Tamaro.

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