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Cold Case – Rapita, violentata e uccisa. Il triste destino di Maria Scarfò

Maria Scarfò, una donna di trentasei anni, gestiva con suo fratello Alfonso un bar nel quartiere Quadraro di Roma, precisamente in via dei Fulvi. La sua vita era caratterizzata dalla routine del locale, dove trascorreva la maggior parte delle sue giornate.

Maria era una donna dalla particolare bellezza, ma ciò che la contraddistingueva di più era la sua dedizione al lavoro e alla famiglia. Nel tardo pomeriggio del 29 dicembre 2000, qualcosa di tragico scosse la vita di Maria. Alle otto e un quarto di sera, lasciando il bar dietro di sé, era salita sulla sua fedele macchina, una Volkswagen Golf nera. Tuttavia, quella serata avrebbe portato un’atmosfera diversa: testimoni oculari riferirono di aver visto Maria uscire visibilmente tesa, al volante della sua auto c’era un uomo. Un breve messaggio al marito annunciava un ritardo imprevisto.

La vicenda si trasformò in incubo: il corpo di Maria venne ritrovato, brutalmente massacrato, lungo l’autostrada A1, poco oltre lo svincolo di Caianello, nella direzione di Roma. L’aggressore le aveva inflitto un colpo mortale alla testa, depredata della sua borsetta e del telefono cellulare, e si era allontanato lasciandola lì. La Golf, simbolo del suo quotidiano, venne ritrovata bruciata la mattina successiva, non lontano dal bar dove Maria aveva trascorso così tante ore.

Sette anni di indagini portarono ad assicurare alla giustizia l’assassino di Maria Scarfò. Una sfida affrontata da una squadra speciale chiamata “Cold Case”, incaricata di risolvere casi rimasti irrisolti per anni.

È emerso che il colpevole di questo terribile crimine era Sabatino D’Alfonso. Il suo arresto fu reso possibile grazie ai progressi delle tecnologie investigative, in particolare alla comparazione del DNA. Gli investigatori erano riusciti a isolare il DNA dal liquido seminale rinvenuto sull’assorbente indossato da Maria nel tragico giorno in cui era stata trovata senza vita sull’autostrada A1.

DNA che portava inconfutabilmente a Sabatino D’Alfonso, un uomo originario di Villa Literno, in provincia di Caserta. La notizia dell’arresto era stata accolta con un misto di sollievo e tristezza.

La famiglia e gli amici di Maria avevano finalmente ottenuto la chiusura del caso, ma il dolore della sua perdita sarebbe rimasto sempre vivo.

La squadra mobile di Roma, guidata da Vittorio Rizzi e poi da Giovanna Petrocca, ha dimostrato la sua determinazione e dedizione nel risolvere questo caso che ha afflitto la comunità per così tanto tempo. Il bar di Maria, una volta punto di incontro e allegria, è stato ceduto a una famiglia cinese nel corso degli anni successivi. La memoria di Maria Scarfò e l’orrore del suo destino rimarranno nel cuore della comunità e di coloro che hanno conosciuto la sua gentilezza e il suo spirito intraprendente.

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