Intervento e confronto con avvocati e giudici a Perugia
Edilizia giudiziaria, riforma della giustizia, tutela del terzo nelle intercettazioni, problematiche inerenti alla procedura penale, fughe di notizie dalle procure e arresto preventivo sono stati solo alcune delle tematiche toccate dall’onorevole Carlo Nordio, ministro di Giustizia, durante il suo intervento alla Sala dei Notari a Perugia. Il ministro, in visita nella mattina alla Procura della Repubblica di Perugia, accompagnato dal sindaco Andrea Romizi e dal sottosegretario al ministero degli Interni Emanuele Prisco ha anche visitato l’ex carcere cittadino ora al centro di un progetto di riqualificazione con la sua trasformazione in Cittadella Giudiziaria, facendo di Perugia, con Bari e Bologna “uno dei tre più importanti piani di intervento di edilizia giudiziaria del Paese”, secondo il ministro Nordio.
Nel tardo pomeriggio il ministro ha partecipato all’evento organizzato da Fratelli d’Italia Umbria per promuovere e far conoscere alla cittadinanza il suo disegno di riforma della giustizia, all’interno del ciclo di conferenze “L’Italia Vincente”. Insieme al capo di palazzo Piacentini sono intervenuti Marco Angelini, avvocato e docente all’Università degli Studi di Perugia, Daniele Cenci, magistrato in Corte di Cassazione e Nicola Di Marco, avvocato del Foro di Perugia.
Il ministro nel suo discorso si è subito concentrato su uno dei punti salienti della riforma, ovvero la tutela del terzo nelle intercettazioni, infatti, sempre secondo il titolare di palazzo Piacentini “l’inserimento nel registro degli indagati di una terza persona che non c’entra nulla con i fatti, ma solo perché il suo nome viene fatto durante una telefonata tra due indiziati è sintomo del degrado e della poca considerazione delle libertà individuali della persona da parte della magistratura e che -continua sempre il ministro – si introduca una norma che se nell’intercettazione tra Tizio e Caio, se sono dei delinquenti e compare il nome di Sempronio, il nome di quest’ultimo non compaia sui giornali. Dato che qualsiasi criminale sa di essere intercettato e se parla di Sempronio lo fa volutamente per mettere Sempronio nei guai. Questo è il minimo sindacale per una riforma della giustizia che tuteli veramente la persona” conclude il ministro.
Passa poi a un altro tema molto dibattuto, il processo per abuso d’ufficio, che nella visione del ministro è “uno dei processi più lunghi, inutili, costosi e difficili che esistano perché è un processo all’atto amministrativo, quindi un processo al processo. Il giudice, e prima il pubblico ministero, deve prima capire se quell’atto sia illegittimo e le cause che hanno portato a quell’atto amministrativo, ma tutto questo non basta visti i tanti elementi che concorrono alla costituzione dell’atto, tanto che su trentamila processi le condanne sono state pare allo 0,005% e che la paura del processo ferma gli amministratori locali dal portare avanti lavori di interesse pubblico e blocca interi comuni, quindi l’intenzione della riforma è quella di permettere alle singole amministrazioni di lavorare, ma anche di difendere il cittadino qualora l’amministratore faccia qualcosa che leda i suoi diritti”.
Avvicinandosi alla fine dell’intervento l’onorevole Nordio si è incentrato su due tematiche molto vicine, la prima la responsabilità civile dei magistrati e la seconda l’arresto preventivo.
Sulla responsabilità civile dei magistrati sostiene che “la responsabilità del magistrato è molto simile, o dovrebbe essere molto simile, a quella del medico, anche se bisogna vedere quale magistrato sbaglia, essendoci più gradi di giudizio. Ai magistrati della responsabilità civile non importa nulla, tanto sono tutti assicurati e per qualsiasi cosa paga l’assicurazione, anche se commette gli errori più madornali. Se un magistrato è incapace e fa errori su errori non deve essere colpito nel portafoglio, ma deve essere cacciato”.
Sull’arresto preventivo, invece sostiene che “in Italia assistiamo a una assurdità, si entra in galera con il sistema della doppia chiave, il pubblico ministero chiede e il giudice per le indagini preliminari dispone, molto stesso le due figure sono d’accordo, ma qualora non lo fosse il pubblico ministero può usare l’arma del voto. Infatti nel sistema italiano è il pubblico ministero a dare il voto al giudice. Per esempio se io pubblico ministero vado la mattina dal giudice e chiedo diverse cose e il giudice in modo severo me le nega, io il pomeriggio vado dal giudice per votare se dovesse essere promosso e voto contro, una cosa impensabile in altri paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti d’America, ed è una di quelle cose che con la riforma vogliamo togliere. Anche l’approccio al carcere vogliamo cambiare, adesso entri con il sistema della doppia chiave e una volta dentro vai davanti al tribunale delle libertà che una volta interrogato ti libera. Questo vuol dire che si crea un circuito lungo, costoso, doloroso per avere un risultato che poi può compromettere il processo. Quindi entri, vieni interrogato e poi liberato, nella riforma sostengo il contrario, se il pubblico ministero vuole mandare qualcuno in prigione si presenta davanti al giudice per le indagini preliminari collegiale, come è collegiale il tribunale per le libertà, il quale prima di decidere interroga l’imputato, ovviamente non quando c’è la flagranza di reato, in questo modo speriamo che sia un inizio di una rivoluzione copernicana, ribaltiamo completamente il sistema della presunzione di innocenza che fino adesso è stata una presunzione di colpevolezza. Rendiamo il cittadino un civis optimo iure, rendiamo il cittadino presunto innocente secondo il principio del quisquis presumptus bonus. Mentre in certe categorie, a cominciare dai politici, non ci sono innocenti, ma soltanto dei colpevoli che non sono stati scoperti e questo è stato il momento più basso raggiunto dalla magistratura italiana”.