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Papa Francesco e il politicamente corretto

Qualcosa si sta muovendo in questo clima mieloso e falso in cui non si può più dire nulla perché tutti asseritamente potrebbero offendersi al punto che personalmente non dico più gay (frocio lo dissi l’ultima volta più di 45 anni fa), ma diversamente trombanti.

O di donne di facili usi sessuali non più zoccola, ma salvatrici dall’onanismo italico.

Da una parte, infatti, nel corso dei secoli il valore della parola ha cambiato significato perché modificato il contesto sociale in cui viene proferita e la sensibilità, dall’altra non dimentico che il termine greco antico λόγος significa anche discorso che non è che un insieme di parole spesso senza significato se prese singolarmente.

E i miei compatrioti sono dei campioni a decontestualizzare una frase dal discorso intero se non addirittura una parola per attaccare chi gli sta sulla scatole.

Ne consegue che nasce la faziosità che denota un deficit di onestà intellettuale se non direttamente cognitivo verso cui provo pìetas.

Il politicamente corretto è la solita derivazione del mondo anglosassone e recepita asetticamente dalla cara e vecchia Europa che, dal 1945, è appiattita in usi e costumi degli USA che non brillano per tradizione culturale secolare al punto che, in realtà, dovrebbe essere il contrario.

Invece le battaglie della sinistra radical chic che, da essere fautrice di lotte per l’occupazione e per il giusto salario a favore delle classi deboli, ha puntato l’attenzione sul mondo dei diversamente trombanti reputandoli deboli quando in realtà si sta verificando la dittatura delle minoranze e gli etero sessuali sono visti come antiquati.

A me che piacciono le donne, pur con gli ovvi limiti senili, vengo visto come un marziano.

Se poi me ne piaccio due contemporaneamente direttamente un maschio maiale, ma tant’è.

Sul punto Rosa Luxemburg, mitica rivoluzionaria comunista, ebbe ad affermare nei primi del 900 del secolo scorso che il primo gesto rivoluzionario è chiamare le cose con il proprio nome il che significa non essere politicamente corretti.

E sembra che la sinistra di oggi sia alla irreversibile deriva corretta.

Essere politicamente corretti vuol dire tutto e non vuol dire niente ma certo è che avere l’accortezza filologica e fonetica di usare sinonimi non offensivi si debba avere un buon grado di cultura generale che invece, nelle classi sociali basse perché meno alfabetizzate, viene a mancare con il risultato orribile che la sinistra grida all’analfabetismo di ritorno quando una persona non è in grado di sviluppare un concetto a motivo del quale poi – secondo la stessa – vota a destra.

Sentisse Gramsci questa espressione si sarebbe suicidato in carcere ma grazie a Dio ancora non aveva previsto la Schlein perché avrebbe rinunciato direttamente a nascere.

Il Papa nei giorni scorsi ha avuto una uscita legittima ma scorrettissima – da bar dello sport per intenderci – sulla frociaggine che c’è in seminario.

Sicuramente ha stupito anche me una uscita del genere che non sono di primo pelo in fatto di uscite infelici, ma tali parole messe in bocca al Santo Padre suonano come una bestemmia teologica che svilisce da un lato la misericordia a prescindere verso tutti laddove nelle Sacre Scritture, se non nel Levitico, non c’è una parola di condanna alla frociaggine e dall’altra che il Papa, prima di essere il Vicario di Cristo, è soprattutto un uomo con le sue pulsioni e i suoi errori madornali.

Almeno è stato diretto e chiaro, ma già perdonato facendo nascere il legittimo sospetto che se la stessa frase l’avesse detta Ignazio La Russa era guerra civile con i gay sulle barricate, ma ai piedi al posto degli anfibi avrebbero calzato le ballerine.

Di fatto, unita alla frase della Meloni a De Luca di cui tutti parlano, c’è uno sdoganamento del politicamente scorretto che non può che fare bene alla società che è basata sulla falsità emotiva ed ideologica che ha comportato al tramonto dell’occidente anche ideologico.

Questo perché amplificare il politicamente corretto va a minare sia la libertà di pensiero – perché si sta più attenti alla parola che al concetto – sia il diritto di esercitarla e venendo bollati fascisti se si è scorretti politicamente.

In realtà, al di là del termine usato che oramai è diventato giustamente desueto, ho l’impressione che sia stata una uscita voluta, ma maldestra per sviare l’attenzione su due concetti di principio espressi, con ben altre parole, dal Santo Padre e cioè che i preti non possono sposarsi (manco fosse un proclama di Sant’Agostino ne La città di Dio) e le donne non possono diventare preti.

Concetti ben più gravi rispetto alla frase incriminata e su cui tutti hanno amabilmente sorvolato non tenendo conto che ciò che ha valenza è il concetto espresso nell’insieme e non la singola parola.

Quindi un balzo all’indietro al Concilio di Nicea del 325.

Con tale uscita il politicamente corretto è andato a farsi benedire e al compatriota darà direttamente il diritto del rutto libero perché se l’esempio è quello del Papa, figuriamoci come possa reagire chi non ha gli strumenti intellettivi per tarare il fonetico.

Vedremo cosa accadrà se sarà un bene o un male.

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