Sabato e domenica si vota sia per le elezioni amministrative che per le europee e sinceramente siamo tutti contenti che questo calvario mediatico finisca indipendentemente da chi vincerà.
Questo perché se da una parte ci si accorge , scorrendo le pagine dei social, che l’utente che legge chi si sia candidato pensa tra sé e sé “ma si si è candidato anche questo coglione?”. Dall’altra ci si accorge altrettanto che tutti non hanno lo spirito giusto per affrontare la questione offrendo soluzioni a problemi atavici, ma piuttosto di impedire che l’altro vinca.
Le radice di questo modo di pensare squisitamente italico nasce dai tempi dei Guelfi e Ghibellini e delle Signorie che, unito al carattere rancoroso e poco civico del compatriota, fa sì che ogni campagna elettorale diventi sempre più divisiva e meno programmatica.
Rispetto a tanti altri, pur andando ovviamente a votare e non avendo mai fatto scheda bianca, ritengo inutile farlo perché tanto le questioni rimangono sempre le stesse e pertanto immodificabili.
Infatti il sistema legislativo italiano è piramidale e decide tutto l’Europa che non brilla per acume intellettivo con emanazioni di leggi che più che essere a favore del popolo sembrano contro il popolo stesso.
Le battaglie politiche che ho seguito come cittadino a livello amministrativo sono riguardanti Perugia e Foligno in cui prevedo – forse sbagliandomi- un cambio di rotta e la riconquista delle città da parte della sinistra.
L’elettore in genere, quando decide, non va a verificare cosa abbia fatto l’amministrazione uscente per migliorare la città, ma se il candidato antagonista sia più empatico di quello uscente.
A Perugia la battaglia è tra donne (anche di bella presenza) e ho l’intima convinzione che la Ferdinandi scalzerà l’amministrazione di centro destra che ebbe a vincere sulla scia dello scandalo della corruzione della sanità umbra e quindi come reazione ad un sistema corrotto e clientelare che doveva essere ribaltato, ma che in realtà è stato sostituito.
A ciò si aggiunga che la differenza la fa la comunicazione non tanto su ciò che si proclama e ciò che si auspica come programma, quanto verificare ulteriormente la simpatia della candidata/candidato.
La Scoccia, già assessore della giunta Romizi, non ha brillato sul punto e non entrando in comunicazione con il popolo che dovrebbe votarla mentre la Ferdinandi è stata più brava pur con i limiti di un dialetto orribile come il donca perugino che la rende una scucchiona con il pugno chiuso, ma efficacissima e coinvolgente.
Se a ciò si aggiunge che la sinistra è sempre allineata e coperta si può presumere che il gioco sia fatto e avremo giorni di fuoco perché poi i sinistri, già arroganti di loro, si sentiranno padreterni e disattendendo poi – come tutti i vincitori anche se di destra – i programmi che hanno emanato avanti a quei quattro creduloni che hanno creduto alla bontà dei programmi stessi e vendicandosi alle elezioni successive.
A Foligno invece la battaglia è stata più serrata con l’ex diacono Masciotti, uomo dell’apparato ecclesiastico locale e già direttore della Caritas che da ente di evangelizzazione si sta trasformando in ente sovversivo, ma non nella parola di Cristo, bensì di Gransci, che ha lavorato al meglio nella campagna elettorale per il perfetto connubio organizzativo della scuola di Botteghe Oscure dell’ex PCI e il sistema parrocchiale della Chiesa.
In quest’ultimo caso, svilendo la coerenza ideologica con cui sono cresciuti, ho visto l’appoggio di persone di estrema sinistra antagonista e anti clericale appiattirsi sulla figura di Masciotti visto come un don Milani della politica quando, in realtà, fa nascere il legittimo sospetto che la sua ex vocazione diaconale sia stata solo il trampolino di lancio per occupare, oltre le parrocchie, anche il Comune.
E anche a Foligno la sinistra sogna la rivincita verso una giunta di destra che ha fatto proclami con post su Facebook per poi fare uguale e svilendo il voto.
Uniamo Foligno con un filo rosso è il mantra della coalizione di Masciotti che – da ex diacono – ha fatto capire quale fosse la sua vera vocazione non di fratellanza evangelica, ma di collettivo politico a motivo del quale ha suscitato anche giuste rimostranze da parte di chi crede nella Parola di Cristo e l’orrore ideologico dei vecchi marxisti di Foligno costretti a parlare di enti ecclesiastici.
Ma mi aspetto anche che se vincesse Masciotti che – per coerenza – le parrocchie si riempiano di nuovo di fedeli politicizzati e sancendo la vittoria di una diocesi politica.
I temi non sono mai stati, sia a Perugia sia a Foligno, sui programmi mai innovativi per migliorare le città di riferimento, a parte l’asfaltatura di alcune vie nevralgiche, ma puntare il dito contro l’amministrazione uscente su cosa non ha fatto.
Perché, come ho detto già in altro articolo, non si corre per vincere e per mettersi in discussione in funzione del cittadino votante, quanto per il precipuo scopo che perda l’altro in virtù del carattere – come detto – rancoroso e invidioso degli italiani.
Ne consegue una personalizzazione della politica fatta di emotività negativa e scomparendo del tutto la visione di insieme per tutti i cittadini per migliorare il tessuto urbano e sociale delle città in cui si andrà a votare.
Con il risultato che si andrà a votare per vendetta e con l’auspicio che si possa votare ogni anno in modo che le strade vengano asfaltate.