Non è una considerazione di un fallimento in sede giudiziaria di una srl o altro tipo di società, ma del disordine della società italiana in riferimento agli aspetti psichiatrici su cui posso dire la mia.
La spunto di questa riflessione me lo ha dato il recente fatto di cronaca del diciassettenne che ha sterminato la sua famiglia a coltellate.
Tale drammatico evento ha scatenato l’ira di dio sui social in cui la maggior parte dei commenti sono stati di una ferocia e di una cattiveria tipicamente italiana in cui si è invocata perfino l’orrore della pena di morte.
Non è che voglio fare il bastian contrario a prescindere per avere una visibilità dato che tanto il mio direttore e soprattutto il mio editore mi permettono di pubblicare ogni mio pensiero rendendo onore ad un certo modo corretto di fare giornalismo nella pluralità delle idee, quanto quello di suscitare nel lettore lo spunto alla riflessione.
La questione è presto detta.
Con la recente pandemia Covid-19, in cui un intero popolo ha assaporato gli arresti domiciliari, è emersa prepotentemente la difficoltà psichica degli italiani e dividendo gli stessi tra chi affermava che sarebbe andato tutto bene e cantando dai balconi Bella Ciao e chi più pragmaticamente, conoscendo la mentalità dei connazionali, che tutto sarebbe andato a schifìo come accaduto.
Ne è emerso un quadro desolante e di una grave latitanza dello Stato di supporto non tanto logistico, ma quanto psico-clinico, di chi ha accusato forti difficoltà con particolare riguardo i minori che hanno visto tarpata la loro fresca esuberanza e la castrazione dei contatti sociali già minati dall’avvento della iper connessione.
Con il risultato che, sulla base di fonti certe, sono aumentati gli episodi di autolesionismo.
E lo Stato non ci sta mettendo rimedio.
Dall’altra la questione del ragazzo di Paderno Dugnano ha, nelle esatte parole di Paolo Crepet, la carenza di chi preposto a cogliere i primi segnali di una follia latente a cominciare dalla scuola dato che è sempre stata dibattuta se sia possibile cogliere i segnali inequivocabili che si sta sfociando verso l’abisso oppure la follia può esplodere senza cenni antecedenti alla esplosione stessa.
Secondo me, che mi occupo un po’ della materia per motivi professionali, è carente in maniera drammatica la prevenzione e il monitoraggio dei minori che poi si rivelano a rischio a cui si aggiunge altro elemento preoccupante che lascia agghiacciati e cioè la carenza di un occhio particolarmente sensibile a cogliere i segnali di disagio da chi preposto al controllo come gli psicologi a scuola.
Ciò perché ritengo che un professionista di medio calibro, ma con buon occhio clinico non può non notare piccoli segnali di un disagio che supera i limiti dello stesso e sfocia in una potenziale patologia.
Un esempio? La povera Cecchettin uccisa dal compagno che le inviava anche 300 messaggi al giorno denota non un disagio del reo, ma direttamente una patologia non vista e non curata.
Con il risultato che poi in sede processuale viene svolta una perizia per la verifica della eventuale follia bellamente fatta passare per incapacità di intendere e di volere e il reo vede limitata la condanna suscitando l’indignazione degli utenti social quando in realtà è solo l’applicazione della legge.
Ne consegue la legittima aspettativa di un controllo ex ante e non ex post della verifica della potenziale follia con il risultato che adesso non staremmo qui a porci domande sul perché e sul come.
Ma non si può sottoporre un intero popolo ad un monitoraggio sulla follia, ma cercare però di implementare uomini, risorse e soldi dedicati alla prevenzione e ciò è una chimera perché i vari governi italiani, su indicazione europea, stanno smantellando la sanità pubblica a favore di quella privata.
E non va bene dal momento che un professionista privato o un ciclo di psicoanalisi costa e non tutte le famiglie hanno le risorse per potersi curare.
Su tutto la mia personale pena verso questo ragazzo che non ha tutti i martedì perché se per me uccidere un uomo è sempre sinonimo di follia, uccidere padre, madre e fratello significa che ha covato un odio che non è stato né colto dai familiari né dagli psicologi della scuola.
Ed è stato un fallimento tra le lacrime di tutti.
Ma il fallimento della Legge Basaglia, figlia del movimento antipsichiatrico sorto nel 1968 con la Legge Mariotti laddove il visionario Basaglia pensava di proporre il rimedio contro tutti i mali con la chiusura dei manicomi – cosa avvenuta – ma lasciando poi i pazienti psichiatrici al loro destino e sedati a vita.
E non basta.
Dal canto mio spero che il ragazzo continui questo suo drammatico percorso verso la follia pura in modo che non si renda conto di ciò che ha fatto per non diventare matto in seconda battuta dato che il suo destino, al di là di ciò che saranno i risvolti processuali, appare segnato.
Il grande Mario Tobino, avversario di Basaglia, ebbe ad affermare che “i matti sono ombre con le radici al di fuori della realtà, ma hanno la nostra immagine”.
Perché i matti possono vivere accanto a noi silenti che siamo troppo occupati ad accorgercene.