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Sui Måneskin, ovvero della trasgressione mancata e della tirannia della maggioranza

È considerato il gruppo musicale per eccellenza, assurto a gloria internazionale ed etichettata come la band che salverà il rock.

Niente, fa già ridere così e vi spiego il perché.

Non starò qui a parlare della loro musica anche perché se i miei figli leggessero questo articolo mi impalerebbero, ma cerco di dare una diversa lettura al gruppo stesso sulla mia conoscenza senile del rock e contestualizzarlo alla società attuale.

Avere quasi 60 anni e una sorella di 68 comporta inevitabilmente che si abbia una memoria storica musicale diversa, ma qui è una questione di gusti.

Se poi si è avuta una madre che mi regalò, quando avevo 13 anni, il triplo in vinile su Woodstock, capite bene che la questione musicale si complica un pochino.

Di converso mio padre mi regalava alternativamente brani di classica con direttore von Karajan che incideva per la Deutsche Grammophon e brani del Coro della Sat che incideva per la linea Tre della RCA (tutti in vinile).

Quindi capite bene che ho in nuce un bipolarismo musicale.

Gruppo musicale criticato aspramente da Uto Ughi, mica pizza e fichi, che ha ragione.

Perché la cultura musicale è ben altra cosa e il gruppo è composto da questi nuovi bardi che incarnano il pensiero dominante, il cosiddetto mainstream del politicamente corretto e assurgendo a portavoce governativi di uno spaccato della società che risulta invece piatta ed omologata.

In un mondo dove sono caduti definitivamente i limiti antropologici del corpo uomo e donna con un mix imbarazzante di sessualità ostentata senza arrivare al dunque del rapporto (si sciupano nell’atto sessuale e si macchiano tutti di rimmel o mascara), il presentarsi sul palco Damiano (il cantante con la voce bellissima come lui anche se mette troppa matita intorno agli occhi) in autoreggenti, se da una parte al pubblico di oggi suscita entusiasmo, a noi che abbiamo una certa età fa sbellicare della risate perché avevamo David Bowie e il nostro Renato Zero come punto di riferimento della trasgressione.

Per capire, infatti, la musicalità di un brano e la sua valenza, si deve contestualizzare anche la società in cui è stato elaborato.

A me fanno tenerezza i ragazzi di oggi quando pensano alla trasgressione del gruppo in un mondo di soli trasgressivi laddove, se tutti sono in tale modo, non è più trasgressione, ma omologazione.

Adesso ci sono i rave party mentre nel 1969 c’era Woodostock e contestualmente la guerra in Vietnam.

Cantanti e gruppi come Joe Cocker, The Who, Ten Years After, Santana e tanti altri per tre giorni di amore e pace e musica sopraffina erano veramente trasgressivi anche nella loro musicalità.

Ma su tutto planava – all’epoca – il trasgressore per eccellenza che era Bowie, si dice amante segreto di Mick Jagger dei Rolling Stones.

Il tutto annaffiato da LSD o anfetamine che erano anche usate dai militari americani nel sud est asiatico.

Nel 1969 erano veramente i trasgressori che crearono un punto di frattura nella società perbenista dell’epoca che aveva nei Beach Boys con la loro musica west coast e da noi Fausto Papetti alle prime armi, i loro massimi alfieri.

Mi viene in mente una frase di John Stuart Mill (1806-1873) scritta nel “Saggio sulla libertà” (Il Saggiatore Ed.): “Il pensieropolitico comprende generalmente la tirannia della maggioranza tra i mali da cui la società deve guardarsi”.

Ora, se tutti si mettono in autoreggenti, tutti pomiciano persone dello stesso sesso, si tatuano simboli maori senza sapere che cosa siano gli All Blacks della Nuova Zelanda del rugby e si proclamano pacifisti nell’intimo anche se augurano le peggiori sventure a chi vota a destra e, infine, tutti sul palco si agitano alla stessa maniera, mi domando dove sia la trasgressione.

Paradossalmente sarebbe più trasgressiva oggi, in tale società, Gigliola Cinquetti e il suo aspetto di suorina mancata, ma non ha più l’età.

Sarebbe rispedita al mittente o direttamente in clausura.

Il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli (che aveva parenti a Spello) quando era al massimo dello splendore si divertiva a dirigere i canti di tradizione popolare del Coro della SAT, quelli che il popolo definisce canti degli alpini o di montagna.

E suscitò scalpore – quale trasgressore – tra i grandi musicisti classici dell’epoca che vedevano nella esecuzione di Bach Suite Inglesi, il massimo della liturgia musicale.

Questo perché la trasgressione, quella vera e non di mercato imposta dalle case discografiche, era un qualcosa che andasse contro il sistema.

Non per nulla abbiamo un Giovanni Allevi a fronte di un Francesco Libetta, Pogorelich o Kissin, tanto per rimanere nell’ambito dei pianisti.

Qui di trasgressivo non abbiamo un bel nulla se non una bella presenza e una discreta voce accostata, dai soliti omologati, a Tom Jones – che duettava con Janis Joplin – che se sapesse dell’accostamento si rivolterebbe sulla tomba.

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