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Rimanere in piedi in un mondo di rovine

Vanno di pari passo e spesso si sovrappongono, ma in questo scritto cercherò da umbro teragno – per parafrasare Gassman in Brancaleone alle crociate di Monicelli – di inquadrare al meglio la questione pur nei miei limiti di svolgere un altro lavoro.

La tradizione è quel complesso di memorie e testimonianze che vengono trasmesse immutate da una generazione all’altra.

L’esoterismo è un valore per pochi iniziati in cui è vietato diffondere parti di un rito o di una dottrina religiosa.

Quando si diffonde il rito iniziatico di un esoterico si sfocia in essoterismo.

Ne consegue quindi che è sempre un problema di comunicazione e l’intima voglia di far credere ai più che si è iniziati a qualche disciplina con l’ esoterismo, ma sfociando – con la divulgazione – nel grottesco perché un iniziato deve rimanere silente e al contempo custode.

C’è poi la via intermedia mistica, ma interiormente operativa, che è, ad esempio, l’Esicasmo (dal greco ἡσυχασμός = calma mentale e preghiera continua) che è una dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell’Oriente cristiano fin dai tempi dei Padri del deserto.

Le premesse sono doverose anche per chi scrive per trovare il volano interpretativo di ciò di cui stiamo parlando.

Il problema nasce quando nella società malata italiana si inizia a discettare di tradizione e come minimo si è presi per fascisti senza considerare che la tradizione è un paradigma emblematico del nostro modo di vivere che ha origini antichissime, ma ancora valide.

Spesso la tradizione si sposa con le feste religiose del santo di turno da festeggiare laddove, nel mio appennino Umbro, viene il tutto amplificato dalla visione rurale delle cose e nel dare valore ai simboli che spesso perdono il carattere di religiosità sfociando in totem di superstizione e svilendo la tradizione stessa.

Ma la tradizione resiste imperterrita negli anziani dei bar delle frazioni montane, in cui i calli alle mani spesso sono lo specchio dei calli al volto di lavoratori sfiancati dalle intemperie.

Quindi diventa simbolo qualsiasi cosa che assurge a memoria storica di un evento, come la peste, le intemperie o il terremoto che flagella e ha flagellato l’Appennino.

C’è dunque un limite sottile nell’inconscio tra la coltivazione di un atteggiamento devoto ai simboli e la mera superstizione affinché i campi coltivati rendano e gli armenti non vadano dispersi.

E nasce la scaramanzia.

Anche la preghiera diventa un mantra ossessivo di implorazione di accondiscendenza che sfocia in richieste di pietà per una vita grama.

Mario Polia, archeologo, antropologo e storico delle religioni, è forse l’ultimo bardo – o se preferite l’ultimo sciamano – che ha centrato la questione del recupero della tradizione prettamente rurale, partendo dalle fonti bibliografiche di Plinio con il suo Naturalis Historia e di Columella con il suo De Re Rustica.

Tanto per farci intendere che la tradizione affonda le radici nel tempo come sempre sostenuto da Renè Guenon che parlava, unitamente a Julius Evola, di tradizione primordiale quale manifestazione in base alla conoscenza dello spirito della umanità e per questo la sopravvenienza delle caste.

O dei mercanti o dei cavalieri.

Ma attenti bene.

Questa dicotomia è stata per secoli il fulcro della società italiana con le diatribe tra Guelfi e Ghibellini e che si trascina sino al giorno d’oggi dove appare ineludibile che si va cercando – per ovviare al capitalismo sfrenato – la via dello spirito.

La filosofia d’oggi è tutta di derivazione o Platonica o Aristotelica senza tanti tentennamenti se non quando si prende come punto di frattura la nascita del Cristo e l’emersione dell’uomo nuovo.

E quindi tanti si sono domandati come coniugare la filosofia greca con la parola Evangelica e riuscendoci (malamente) Renè Girard o un Karl Popper.

Ma la vera chiave di lettura, ancorché massone, è stato sicuramente Rudolf Steiner che ha indicato – a mezzo dell’antroposofia – la via della salvezza con i suoi studi esoterici che ha avuto un Giovanni Colazza (medico) prima e Massimo Scaligero dopo i discepoli più rappresentativi nella ricerca dello spirito assoluto e l’esaltazione della meditazione.

La coniugazione della tradizione con l’esoterismo è stata l’una funzionale all’altra per far prevalere il cavaliere anziché il mercante, ma sembra – sull’onda lunga di una società europea ultraliberista protestante – che sia una battaglia persa all’origine.

Sembra.

Perché l’uomo nuovo si è stufato solo della logica del profitto e guarda altrove cominciando da se stesso con rinnovato stupore, meditando anche come vendicarsi di se stessi quando lo spirito è debole e vince la carne.

Ma non deve accedere che ci sia una disconnessione tra sentimento e il parlato – se non addirittura il vissuto – perché nasce la bugia intima.

Molti degli esoterici traevano lo spunto dai grandi maestri Sufi, i mistici dell’Islam e sterminati dall’Islam politico proprio per eliminare il candore iniziatico di tale religione, con il risultato che i grandi esoterici come il citato Guenon o Filippani Ronconi si convertirono ad un certo Islam sulla base di un equivoco di fondo trascurando ciò che è rappresentato dalla poesia di sant’Agostino e i dottori della Chiesa.

Il rischio è un esoterismo fine a se stesso, ad uso di moderni massoni sui generis e plutocrati, che hanno solo la logica del profitto e sconfessando la purezza – nelle intenzioni – di una massoneria datata, oggi assurta a deriva inqualificabile morale e in funzione dell’oro.

Diceva, in soldoni, Julius Evola che era necessario rimanere in piedi in un mondo di rovine.

La via della salvezza è la iniziazione allo spirito e facendo ciò si può essere veri rivoluzionari nel modo di vivere.

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