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Dal Grappa alle Foibe, targhe della memoria per non dimenticare

Pochi giorni fa è stato il giorno del ricordo delle foibe, i buchi carsici- nel Friùli- nel terreno dove venivano gettati gli istriani-dalmati e i giuliani.

A Basovizza c’è un sacrario con un minuscolo museo che spiega cosa è accaduto.

Una celebrazione – di fatto- osteggiata da una precisa parte politica con alcuni studiosi che sono revisionisti al pari di chi nega la Shoà.

Una vergogna tutta italiana sia per un verso che per un altro.

Ripercorrere ciò che è accaduto nell’immediato dopo guerra da quelle parti non ne ho voglia perché sono cose trite e ritrite e in più non sono né uno storico né un archivista che si va a documentare alla fonte.

Il problema è un altro piuttosto.

Quella che non è una ricorrenza sentita da tutti i miei connazionali al pari del 25 aprile, segno inequivocabile che ancora non c’è pacificazione nazionale tra comunisti e fascisti pur morendo tutti democristiani.

Il problema nasce a monte del discorso, con il non festeggiamento della ricorrenza della prima guerra mondiale che, purtroppo, è stata monopolizzata da una precisa parte politica perché si festeggia la vittoria della Nazione o Patria.

E chiaramente qualsiasi cosa che “puzzi” di patriottismo viene etichettato come fascista.

Sul punto la congiuntura storica non è stata affatto favorevole perché dopo la prima guerra mondiale e con l’avvento del fascismo è stato un proliferare di targhe commemorative dei morti del paese o della frazione montana a imperitura memoria del sacrificio dei paesani morti sul Grappa.

Le targhe sono disseminate in tutta Italia e, al di là di tutto, a me interessano quelle del nostro appennino o sub appennino.

Molte sono in stile razionalista e molte altre in stile liberty come quella che è a Eggi di Spoleto che è di una bellezza commovente.

Ma all’occhio distratto del viandante sfuggono queste lapidi acconciate con lumini e ferro battuto e il ricordo dell’inutile sacrificio sfuma nel tempo.

La monumentalità invece della foiba di Basovizza è lampante, forse perché più recente, come più recente il dolore.

In una radura che domina il golfo di Trieste e sovrasta Muggia, c’è questo monumento, bruttissimo e inodore che sembra essere stato progettato in fretta e furia per placare certi animi fumini di alcuni friulani che rivendicavano il diritto al ricordo di tanto dolore verso compaesani, uccisi solo perché italiani in parte da altri italiani e dai partigiani titini che – essendo slavi – non andavano tanto per il sottile.

Ma è una ricorrenza poco sentita anche questa forse anche per la circostanza che l’allora Pci non chiuse un occhio sull’eccidio, ma tutti e due e ha la coscienza sporca.

Ora, chi scrive ha rispetto sia per la ricorrenza del 25 aprile che del giorno del ricordo perché ha un concetto a tutto tondo di essere italiani.

Siamo fratelli tutti e come in ogni famiglia c’è anche il fratello scemo e il fratello paraculo.

Ma mi assale la tristezza quando osservo che certe date sacre alla Patria sono invece fonte di disagio e di odio perché se si festeggia il 25 aprile si è presi da compagni, se la prima guerra mondiale o il giorno del ricordo da fascisti.

E non va bene in entrambi i casi perché per avere pacificazione nazionale dovrebbero essere esaltate – entrambe le ricorrenze- da tutti gli schieramenti politici.

Il 25 aprile per i fascisti è la data del tradimento all’alleato tedesco per sostituirlo – in corso d’opera – con quello alleato quando in realtà, se avessero superato il concetto di tradimento e focalizzata l’attenzione sul concetto di Sacro Suolo, avrebbero dovuto sparare senza tanti complimenti all’alleato tedesco.

Perché se si parla di sovranità di un popolo lo si deve tutelare indipendentemente dalla idea politica.

Di converso i comunisti non hanno a cuore sia la giornata del ricordo delle foibe e quella della vittoria della prima guerra mondiale.

Ma mentre per la giornata del ricordo non lo fanno per pudore di essere stati moralmente complici delle nefandezze operate dai partigiani di Tito, dall’altra trovo incomprensibile che non si esaltino per la vittoria della prima guerra mondiale, lasciando così praterie ai fascisti nei festeggiamenti, tenuto conto che la prima guerra mondiale era sostanzialmente la quarta guerra di indipendenza.

Sfugge ai più che nella prima guerra mondiale andarono a morire per la maggior parte contadini, mezzadri e pastori, i cafoni di Ignazio Silone e quindi diventando un peccato mortale non celebrare la ricorrenza da parte dei compagni di oggi in onore delle classi più basse che si sacrificarono per l’Italia.

Socrate affermava “Tutte le guerre sono combattute per denaro”.

Sia nelle foibe che nella prima guerra mondiale andò a morire chi era al gradino più basso della scala sociale e per i comunisti di oggi l’essere italiani andati a morire è considerato un dettaglio trascurabile e diventa un alibi perché siano altri a conservare la memoria.

Se le ricorrenze devono essere solo fonte di polemiche divisive, dovrebbero essere abolite perché ognuno di noi deve fare un’analisi di coscienza se si sente pronto per assistere ad altre nefandezze e rimanere silenti.

Solo così, studiando a scuola ciò che è avvenuto (Shoa, 25 aprile, Foibe e vittoria nella prima guerra mondiale) con insegnanti non politicizzati, si può veramente fare onore a tali date nell’intimo.

E diventano pietre d’inciampo nella nostra anima.

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